Quattro dipinti di Filippo Brunner, sequestrati dai tedeschi durante la guerra, donati dagli eredi al comune di Udine.
I tedeschi li avevano sequestrati a Filippo Brunner durante la guerra, gli eredi donano 4 importanti dipinti al Comune di Udine. Si è tenuta a Casa Cavazzini la presentazione dei quattro dipinti appartenuti a Filippo Brunner, imprenditore ebreo triestino vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, requisiti dai tedeschi nel 1945 e oggi donati dagli eredi della famiglia al Comune di Udine. Presenti all’incontro il sindaco Pietro Fontanini, Helen Brunner in rappresentanza degli eredi di Filippo Brunner e Vania Gransinigh, conservatore responsabile di Casa Cavazzini.
Il sindaco Fontanini ha sottolineato che “l’importanza della donazione dei quattro dipinti appartenuti a Filippo Brunner da parte degli eredi del grande imprenditore ebreo triestino e custoditi a partire dal 1944 nei depositi del Civico Museo di Udine senza che si conoscesse l’identità del proprietario è legata non solo al valore delle opere, che oggi entreranno ufficialmente a far parte delle collezioni di Casa Cavazzini, ma anche al valore di testimonianza che assumono alla luce della storia di Brunner e di tutti gli ebrei italiani che vissero durante il periodo più buio della nostra storia. Desidero ringraziare Helen Brunner e tutti gli eredi per la decisione di donare queste opere al Comune di Udine”.
La storia di Filippo Brunner.
Esponente di una nota famiglia di origini ebraiche proveniente da Hohenems (Austria) e stabilitasi a Trieste agli inizi del XIX secolo, Filippo Brunner (1862 – 1947) studiò chimica in Germania e in Svizzera compiendo in seguito un viaggio a Manchester dove avviò la sua prima attività industriale e sposò Fanny Sofia Bles, con la quale fece ritorno a Trieste nel novembre 1894 e da cui ebbe tre figli: Carolina, Hilda e Oscar. Da quel momento si dedicò alle attività finanziarie e industriali di famiglia contribuendo a consolidarne la fortuna.
Presagendo quanto sarebbe accaduto di lì a poco a seguito dell’inasprirsi delle leggi razziali promulgate nel 1938 dal governo fascista italiano, nell’agosto del 1943 si trasferì a Firenze e successivamente in Svizzera, lasciando quanto possedeva nella residenza cittadina di Trieste e nella tenuta agricola di Terranova d’Isonzo e Marcorina.
Dopo l’8 settembre 1943 e il conseguente passaggio di Trieste nella Zona d’Operazione Litorale Adriatico si intensificarono le requisizioni e i saccheggi ai danni del patrimonio posseduto dagli ebrei residenti in città. Tutti i beni mobili, comprese le ricche e importanti collezioni d’arte, furono confiscati ai legittimi proprietari per essere venduti. Nel caso di opere di particolare valore storico-artistico il supremo commissario Friedrich Rainer in accordo con Walter Frodl, già direttore del Reichsgaumuseum di Klagenfurt, stabilì il loro deposito presso i musei competenti per territorio.
Il ritrovamento.
Nel 1944, nella soffitta dell’edificio residenziale della tenuta di Terranova, furono trovate due casse contenenti sette dipinti. Nel marzo del 1945, quattro di essi – il Suonatore di flauto di Antonio Lonza, la veduta di Gerusalemme di Bernhard Fiedler, il Sentiero nella foresta di Anton Windmaier e il Branco di cervi nel bosco di Johann Christian Kröner – furono depositati presso l’allora Civico Museo di Udine senza che fosse indicato il nome del proprietario. Al termine della guerra, nessuno si presentò a richiederne la restituzione e l’assenza di qualsiasi riferimento alla proprietà impedì una loro corretta restituzione.
Da quel momento, i quattro dipinti entrarono a far parte delle raccolte museali. Solo in seguito a recenti ricerche d’archivio, si è potuto risalire al nome del proprietario e quindi mettersi in contatto con i suoi eredi. Grazie alla generosità di questi ultimi, è stato possibile concertare la donazione delle opere al museo di Casa Cavazzini che si è impegnato ad esporle permanentemente in memoria di Filippo Brunner, a testimonianza di quanto accaduto alle famiglie ebraiche in quegli anni anche in Friuli Venezia – Giulia e con l’auspicio che in futuro non si ripetano simili drammatiche circostanze.