Le parole della cooperativa Aedis dopo la rissa tra minorenni a San Domenico.
“La rissa a bastonate tra minori migranti a San Domenico è la conferma che la colpa non era di Aedis, ma di chi non vuole affrontare il problema di un’immigrazione che è radicalmente cambiata”. A sostenerlo è Michele Lisco, presidente della coop sociale Aedis che si occupa di accoglienza minori stranieri, a seguito dell’ennesima rissa esplosa nella giornata di ieri, 11 dicembre, tra via Chisimaio e via San Domenico a Udine. Coinvolti un gruppo di minorenni tra cui alcuni ospiti della Casa dell’Immacolata.
“Noi per primi avevamo dato l’allarme – spiega il presidente Michele Lisco – dicendo che la situazione oggi è molto più problematica di anni fa e che era necessario trovare un modo diverso per affrontare la questione. Ci siamo anche ritirati dall’appalto della struttura di via XXIII Marzo perché non c’erano più le condizioni per lavorare. Per tutta risposta siamo stati invitati ad assumere la vigilanza privata e il Comune ci ha revocato l’autorizzazione, una scelta poi bocciata dal TAR su tutti gli aspetti. Perché invece non sederci a un tavolo e capire che soluzione trovare?”.
“La rissa di San Domenico è una delle tante verificate dopo che Aedis ha lasciato la struttura di prima accoglienza di via XXIII Marzo dove gli scontri tra minori avevano provocato le proteste dei residenti e l’intervento del Comune di Udine – continua il presidente Lisco – . Non è un caso, infatti, che nella lettera indirizzata al Comune da parte dei residenti di San Domenico e accompagnata da 270 firme si legge: Si è voluto far credere che il problema del centro di Aedis fosse stato risolto, ma non è vero, è solo stato spostato da noi. Ci ritroviamo con gruppi di minori che stazionano all’esterno del don de Roja e vanno e vengono a tutte le ore del giorno e della sera, anche a notte tarda. Hanno atteggiamenti aggressivi e di sfida, e non sono mancati episodi di risse e alterchi fuori dalla struttura“.
“Sembra che siamo noi delle comunità di accoglienza a dover fare gli sceriffi e mantenere l’ordine – spiega ancora Lisco – ma noi siamo qui per educare e integrare i ragazzi che si impegnano, non per punire o sostituirci alle istituzioni. È un dato di fatto che l’immigrazione giovanile è radicalmente cambiata, sia come provenienza che come tipologia di giovani: noi non siamo attrezzati per gestire persone che hanno alle spalle reati pesanti, né siamo un carcere o un riformatorio. Abbiamo chiesto una mano e non abbiamo avuto risposte”.
“Dopo la chiusura del centro di viale XXIII Marzo le risse, infatti, si sono spostate in tutta la città raggiungendo anche livelli importanti come lo scontro di piazza Primo Maggio dove sono stati coinvolti minori e vigilanti in servizio presso le giostre. Noi chiediamo – conclude Lisco – che chi di dovere si prenda la responsabilità di questa situazione e non scarichi sulle cooperative e sui cittadini un problema di sicurezza e legalità. Noi ci abbiamo già rimesso: una struttura chiusa, danni economici, per non parlare di due operatori in ospedale, altri che si sono licenziati e alcune donne non vogliono più lavorare. E ci rimettono anche gli altri ragazzi che invece si impegnano per fare le cose bene e che potrebbero diventare una risorsa di lavoro per la nostra comunità”.