Le tre ricercatrici dell’area medica di Udine.
L’eccellenza italiana, nell’ambito della ricerca, porta anche il nome del Dipartimento di Area Medica UniUD. Un dato di fatto, sancito ufficialmente dalla solenne cerimonia in Campidoglio a Roma che, proprio di recente, ha insignito anche tre ricercatrici del DAME di un prestigioso riconoscimento, nell’ambito del Premio “Recti Eques – Paladini Italiani della Salute”, conferito dall’associazione Liber a cento scienziati in tutta Italia. Un omaggio alla dedizione e all’impegno profuso da professionisti di vaglia, impegnati ogni giorno per il bene della comunità e scrupolosamente selezionati in tutti gli atenei italiani. Un’occasione preziosa per accendere i riflettori su un comparto, quello della ricerca medico-scientifica. A renderlo ancora più evidente, forse mai come prima, l’emergenza sanitaria in corso che ha posto definitivamente l’accento sul ruolo prioritario della ricerca nella lotta alla pandemia.
E proprio per il lavoro svolto nel 2020 sul Covid-19, con particolare riferimento alle possibili Alterazioni cardiache a breve termine nei pazienti dopo l’infezione, è stata premiata la professoressa Cristiana Catena, del Gruppo di ricerca della Clinica Medica del Dipartimento di Medicina UniUD, sotto la direzione del professor Leonardo Alberto Sechi. “Sono onorata per il Premio ricevuto e per aver potuto rappresentare, nell’occasione, l’intero team di Specialisti in ambito internistico – spiega Catena, ordinario di Medicina interna presso il DAME e direttore della stessa Scuola di specializzazione mentre conferma i risultati ottenuti attraverso la ricerca condotta presso l’ospedale Universitario di Udine su un campione di 105 pazienti a 41 giorni dalla diagnosi di Covid-19 – Lo studio ha evidenziato che non vi sono anomalie strutturali o funzionali cardiache nei pazienti sopravvissuti al virus a più di un mese dalla diagnosi, nemmeno nei casi di malattia severa”.
Altrettanto promettenti i risultati ottenuti nell’ambito della ricerca sul “Ruolo dei mastociti nell’avvio e nella progressione della malattia celiaca”; un lavoro di pregio a conferma del fatto che queste cellule, che svolgono un ruolo chiave nelle reazioni allergiche, sono effettivamente tra i principali attori del danno intestinale responsabile della patologia suggerendo dunque l’importanza di una loro modulazione nella pianificazione di nuovi approcci terapeutici. “È stato un grande onore avere rappresentato il nostro Dipartimento al prestigioso evento – evidenzia l’autrice del lavoro Barbara Frossi, ricercatrice in Patologia Generale e membro del Gruppo di ricerca di Immunologia del DAME diretto dal professor Carlo Pucillo, ricordando che gli studi sono confluiti nell’opera omonima, “I Paladini Italiani della Salute”, unitamente ai più meritevoli degli altri connazionali premiati –. È un risultato che voglio condividere con tutti quelli che hanno partecipato alla pubblicazione su Journal of Allergy and Clinical Immunologyperché è giusto ricordare che la ricerca scientifica è sempre il frutto di un lavoro di squadra, di passione e condivisione. Eventi come questo permettono di mostrare effettivamente quanto la comunità scientifica italiana sia attiva e capace di ottenere risultati davvero ragguardevoli”.
Gli stessi che hanno permesso anche alla Ricercatrice in Biologia molecolare Giulia Antonialidi salire sul podio con uno studio innovativo sui tumori e, in particolare, sul nuovo ruolo di un enzima di riparazione del DNA, noto come proteina APE1, nello sviluppo e progressione del cancro della cervice uterina, attraverso l’uso di moderne tecnologie genomiche e proteomiche, fiore all’occhiello del DAME. (“Comprensione del ruolo della proteina APE1 nella chemioresistenza mediante il processamento di microRNA”).
“Sono onorata per questo prestigioso riconoscimento – sottolinea la Ricercatrice che fa parte del Team di Biologia molecolare e Stabilità genomica diretto dal professor Gianluca Tell mentre rimarca che il lavoro, che ha messo per la prima volta in luce la diretta correlazione tra aumentati livelli di APE1 e maggiore resistenza del cancro ai farmaci, potrebbe aprire la strada allo sviluppo di nuovi composti capaci di interferire con le funzioni di questa proteina nelle cellule tumorali – Desidero ringraziare la Fondazione AIRC, che ha finanziato lo studio, e condividere il riconoscimento con tutto il Gruppo di ricerca che ha reso possibile il raggiungimento di questo straordinario risultato”.