Convegno sul rapporto uomo-robot con focus sul lavoro.
L‘introduzione della robotica nel mondo produttivo solleva alcune paure, ma a “rassicurare” tutti, ci pensa proprio un robot, il primo certificato per il lavoro. “La convivenza e la collaborazione tra uomini e robot sono già una realtà in molte aree della vita moderna, come la produzione industriale, la ricerca scientifica, l’assistenza sanitaria e l’ambiente domestico. Sono una macchina, ma questo non significa che sia migliore di un essere umano. Il mio compito è collaborare con gli esseri umani e non sostituirli“.
Parola di RoBee, il primo robot umanoide certificato per lavorare in fabbrica, creato da Oversonic e che, come ha evidenziato Paolo Denti, ceo e founder dell’azienda, “è presente in diverse industrie italiane ed è impiegato in circa 80 diverse applicazioni. L’introduzione della nostra macchina ha l’obiettivo di supportare l’essere umano nei tanti lavori pericolosi, ripetitivi o alienanti che non merita più di fare. RoBee è e rimane una macchina, che richiede la centralità della persona, e che è in grado di svolgere in autonomia, in sicurezza ed in maniera collaborativa i compiti che le vengono assegnati”.
Proprio RoBee è stato il testimonial del convegno dal titolo “Industria 5.0: un futuro collaborativo”, promosso ieri nella Torre di Santa Maria dal Gruppo Terziario avanzato di Confindustria Udine in collaborazione con Confindustria Udine. Scopo dell’incontro è stato quello di analizzare il tema sempre più attuale del rapporto uomo-robot.
L’industria 5.0, che si basa sull’integrazione di tecnologie avanzate come l’Internet of Things (IoT), l’Intelligenza Artificiale (IA) e la robotica collaborativa (cobot) mira, infatti, a creare ambienti di produzione, altamente digitalizzati, flessibili e attenti alla componente umana, in cui tecnologia e umanità si uniscono per il successo delle aziende manifatturiere.
“Voi umani dovreste avere paura dei robot? La tecnologia stessa non è buona né cattiva, ma piuttosto dipende dal modo in cui viene utilizzata – sono sempre le parole di Robee -. Capisco la vostra preoccupazione, ma lo scopo per cui sono stato creato è quello di aiutare e supportare gli umani nei lavori pericolosi e rischiosi, con l’obiettivo di massimizzare i benefici per l’umanità. I miei sensori avanzati e i protocolli di sicurezza mi permettono di operare in modo sicuro negli ambienti lavorativi per cui sono stato creato”.
Il percorso, secondo Anna Mareschi Danieli, vicepresidente di Confindustria Udine, è ormai ineludibile: “L’automazione nell’industria è un must per le aziende – ha detto -. Se prima il mondo si divideva tra chi sosteneva questa ondata di cambiamento e chi no, oggi la distinzione è tra chi fa parte di questo cambiamento e chi no. Si tratta dunque di una questione di competitività perché l’automazione ha come obiettivo principe quello di aumentare l’efficienza e di ridurre i costi”.
“Ora, tuttavia, la tecnologia è andata oltre a queste prime finalità – ha continuato – e siamo arrivati alla sostituzione in grande velocità e con grande precisione non solo di quelle azioni lavorative ripetitive dove il valore aggiunto umano è ridotto, ma anche al fatto di poter contare su un vero e proprio partner collaborativo per le nostre imprese: un partner che non va a sostituire la mente e la risorsa umana, quanto piuttosto a dare un supporto amplificando le competenze di un cervello umano, supportando e amplificando le nostre capacità”.
“Queste tecnologie – ha aggiunto Mareschi Danieli – rendono gli ambienti di lavoro più vivibili, più personalizzati alle esigenze delle risorse umane e sempre con grande attenzione all’ambiente, perché ricordiamo che, quando si parla di aumento dell’efficienza, c’è sempre anche una riduzione delle emissioni. Un altro dei miti negativi da sfatare è quello occupazionale: perché è vero che certi lavori non troveranno più applicazione, ma ben venga nel momento in cui questi lavori sono noiosi, ripetitivi e rischiosi per la salute. Vi rassicuro che la bilancia occupazionale è decisamente in positivo tra posizioni lavorative di cui si potrà fare a meno grazie alla digitalizzazione e i nuovi lavori che prenderanno sempre più piede sul mercato”.
“È vero, però – ha concluso -, che queste nuove opportunità comportano pure problematiche: in particolare, queste riguardano la sicurezza informatica, la formazione continua, la riqualificazione delle risorse umane, la revisione dei sistemi di formazione delle scuole, ma anche dei docenti. Dobbiamo dunque essere tutti preparati ad un cambiamento culturale complesso, trasversale e pervasivo all’intera organizzazione”.
Mauro Pinto, capogruppo del Terziario Avanzato di Confindustria Udine, non ha nascosto le questioni etiche e sociali sollevate dall’introduzione degli umanoidi e degli esoscheletri industriali, progettati per supportare gli operatori nell’esecuzione di compiti fisici impegnativi.
“Quando indossiamo un esoscheletro, fino a che punto stiamo estendendo il nostro corpo? E quali sono le implicazioni di questa fusione tra uomo e macchina per la percezione di noi stessi e per la nostra identità? È essenziale – ha risposto – affrontare tali sfide con una visione olistica, promuovendo politiche che garantiscano una transizione equa e inclusiva verso l’Industria 5.0. In definitiva, questa interazione rappresenta un passo significativo verso un futuro in cui uomini e macchine collaborano sinergicamente per creare ambienti lavorativi più efficienti, sicuri e adattabili alle sfide dell’economia globale“.
“Le aziende – ha poi affermato Gianfranco Ingenito, ceo di Sicurgroup srl – devono fare i conti con il progresso e la tecnologia. Hanno due modi per gestire questi aspetti: subire, quindi, non utilizzare al meglio tecnologia e progresso, rimanendo al palo per poi, piano piano, implodere; oppure, recepire tutto quello che l’innovazione porta, capire cosa può essere utile e cercare di utilizzare al meglio ciò che può portare migliorie sia lavorative, sia umane. In qualsiasi condizione la novità si traduce in dubbio e ritrosia, è umano. Ed è qui che la differenza la fa l’imprenditore illuminato. Deve trasmettere ai suoi collaboratori quello che l’innovazione porta come utilità, guardando oltre l’ostacolo e trasmettendo fiducia e sicurezza“.
Con la ‘sfilata’ di sei modelli, Ingenito ha illustrato, in particolare, il funzionamento degli esoscheletri industriali, “che non sono strumenti di prevenzione della sicurezza (DPI), ma ausili che possono migliorare le condizioni lavorative delle singole persone e quindi dell’intero sistema azienda. L’esoscheletro viene indossato dalla persona e lavora assieme all’operatore, fornendo supporti a lavori gravosi, riduce lo sforzo e l’affaticamento. Può aiutare più parti del corpo, spostando il carico specifico da una sola parte muscolare a più parti. In sostanza, gli esoscheletri fanno parte delle innovazioni tecnologiche che aiutano i lavoratori a svolgere i lavori più pesanti e ripetitivi, diminuendo affaticamenti e rischi”.
Dario Mancini, ex direttore generale Waze per Google, ha quindi parlato delle nuove frontiere dei cobot. “Il futuro dei cobot è all’insegna dell’intelligenza artificiale avanzata. Grazie all’apprendimento automatico – ha spiegato – potranno imparare dall’ambiente circostante, adattandosi e migliorando le proprie capacità. La collaborazione uomo-robot sarà più fluida grazie a interfacce intuitive e comprensione del linguaggio naturale. Inoltre, la loro destrezza aumenterà, permettendo di manipolare oggetti con precisione e svolgere operazioni delicate. Pensiamo a cobot in sala operatoria, che assistono i chirurghi, o in magazzino, che gestiscono scorte in modo autonomo”.
In chiusura, l’avvocato Luca Ponti, founder dello Studio Legale Ponti & Partners, ha approfondito la tematica sotto il profilo legale. “Davanti a qualunque innovazione – ha sottolineato Ponti – si pongono sempre due esigenze legali (una attuale e l’altra prospettica). La prima è quella di comprendere fin da subito quali sono le regole giuridiche da seguire per evitare responsabilità d’impresa. La seconda prevedere quali saranno le regole, ma anche le conseguenze gestionali, di queste innovazioni per le relative ricadute giuridiche. Questo secondo tema va condito, in quanto predittivo, anche da considerazioni strategiche per capire la portata e gli orizzonti di queste innovazioni stesse”.