L’idea è di utilizzare le proprietà antiossidanti di alcune piante alpine.
Le piante alpine come risorsa per migliorare la qualità degli alimenti e valorizzare il territorio. È questa la sfida del progetto Nettle, una collaborazione transfrontaliera italo-austriaca che coinvolge l’Università di Udine, la Libera Università di Bolzano (capofila) e la Fachhochschule di Salisburgo. L’obiettivo? Sfruttare le proprietà antiossidanti e benefiche di 31 piante alpine, tra cui nove raccolte in Friuli Venezia Giulia, per creare estratti capaci di rallentare l’irrancidimento degli alimenti e promuovere la salute.
Il progetto, della durata di due anni, è finanziato dall’Unione Europea con 757mila euro attraverso il programma Interreg Italia-Austria. Di questa cifra, 173mila euro sono stati assegnati all’Università di Udine, dove un team del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali, guidato dalla professoressa Lara Manzocco, sta lavorando a pieno ritmo.
Tra le nove piante raccolte in Friuli Venezia Giulia figurano specie come l’artemisia comune, l’assenzio maggiore, l’abrotano, la camomilla, l’echinacea, l’issopo, il lavandino, la salvia moscatella e la santoreggia montana. Utilizzando tecnologie verdi e sostenibili – tra cui ultrasuoni, campi elettrici pulsati e anidride carbonica supercritica – i ricercatori stanno estraendo composti bioattivi con proprietà antiossidanti, antimicrobiche, antinfiammatorie e cicatrizzanti.
Attraverso un questionario online (https://Nettle) il gruppo di ricerca udinese sta inoltre raccogliendo e condividendo informazioni sulle proprietà delle piante raccolte. Queste informazioni verranno analizzate, sotto il coordinamento di Monica Anese, per valutare il livello di conoscenza della popolazione sulle piante alpine regionali. Inoltre, con il corso di laurea in Scienze della formazione primaria, vi è il progetto di entrare nelle scuole con attività ludico-laboratoriali basate su un gioco di memoria che vede protagoniste le piante studiate.
Nettle – Cooperazione transfrontaliera per la valorizzazione di piante alpine fonte di composti bioattivi –, realizzerà anche una banca dati aperta a tutti con informazioni sul sito di raccolta delle piante, modalità di estrazione e composizione, proprietà e possibili utilizzi degli estratti delle piante.
“Il progetto – spiega la professoressa Manzocco – punta ad avere un impatto positivo e duraturo sul territorio, contribuendo non solo all’innovazione tecnologica della regione ma anche alla sua crescita culturale, nell’ottica del rafforzamento delle collaborazioni transfrontaliere e della creazione di nuove opportunità per le comunità locali”.