In dodici mesi ha portato i partecipanti a correre la maratona.
Quarantadue chilometri e 195 metri, per l’esattezza, per suggellare trionfalmente un anno di indiscutibile impegno fisico e mentale, infine premiato. A correrli, in toto o in parte, in base alle proprie possibilità e sempre sotto lo sguardo vigile dei numerosi professionisti che li hanno seguiti per dodici mesi, sono stati 17 dei 22 protagonisti dell’ambizioso progetto di ricerca “Run for health”.
La grande sfida contro l’obesità è stata lanciata nel 2021, ai tempi del Covid, dal Corso di Laurea in Scienze Motorie del Dipartimento di Area Medica UniUD – DAME e raccolta subito con forte entusiasmo da persone con problemi di peso e sedentarie.
Animate dalla voglia di riprendere in mano la propria vita, si sono messe dunque al lavoro scegliendo di rimettersi in forma senza rischi e soprattutto in modo sano e intelligente, affidandosi agli esperti. Gli stessi che, dopo averli sottoposti ad accurati test fisici iniziali, con il prezioso supporto dell’Azienda Sanitaria Universitaria FC, hanno studiato a tavolino uno strategico piano di allenamento e nutrizionale portato avanti con costanza, settimana dopo settimana, e monitorato come si conviene, soprattutto nei casi di obesità.
“Stiamo parlando di persone che, ad oggi, non hanno semplicemente perso peso, ma addirittura trasformato la propria composizione corporea eliminando massa grassa – racconta il Coordinatore del progetto, prof. Stefano Lazzer, del Dame, ricordando il giorno della grande gara, organizzata anche grazie alla Società Atletica Buja e messa ancora più in sicurezza dalla presenza della Sogit Udine –. Quello che abbiamo fatto, reso possibile attraverso uno straordinario lavoro di squadra che ha coinvolto medici, laureati in Scienze Motorie e nutrizionisti, dimostra che i grandi risultati sono raggiungibili, ma solo a patto di impegno, determinazione e fiducia negli esperti. Se ci si affida infatti a persone qualificate e competenti, capaci di strutturare programmi sartoriali, gli obiettivi sono a portata di mano, riducendo al limite i rischi per la salute”.
Gli stessi esperti formati ad hoc proprio a Gemona, presso il Corso di laurea in Scienze motorie, che hanno sottoposto i partecipanti a due tipologie di allenamento, infine comparate.
“Le persone che hanno aderito al progetto, con obesità di primo e secondo grado, sedentarie o comunque inattive da molto tempo, di età media pari a 38 anni, sono state suddivise in due gruppi; al primo abbiamo proposto un allenamento polarizzato, a bassa intensità per l’80% del lavoro ed alta per il restante 20%. L’altro gruppo è stato invece sottoposto al Billat Training, messo a punto dall’omonima ricercatrice francese e caratterizzato da un lavoro a bassa intensità per il 60% e ad alta per il restante 40% – precisa il laureato in Scienze Motorie, Mattia D’Alleva, dottorando in Scienze Biomediche e Biotecnologiche del Dame. A lui il compito di monitorare e supportare ogni neo-runner settimanalmente, a distanza, anche grazie alla dotazione tecnologica fornita inizialmente, per poter valutare i progressi – I risultati ottenuti sono davvero ottimi e incoraggianti. Hanno migliorato le proprie prestazioni fisiche, la qualità di vita e si sono soprattutto appassionati allo sport. Alcuni si sono addirittura già iscritti ad altre maratone”.
Complice dunque il lavoro certosino del team e un intervento mirato anche sullo stile alimentare, i neo atleti hanno dimostrato che allontanarsi dalla malattia è realmente possibile. “Ricordiamoci sempre che l’obesità è una patologia vera che, oltretutto, si accompagna ad altre, quali diabete e rischi cardio-vascolari, con costi sociali e umani estremamente elevati – ricorda il dott. Francesco Graniero, Medico dello Sport, che ha effettuato tutte le valutazioni mediche necessarie per avviare il protocollo in sicurezza –. Queste persone hanno il merito di essersi finalmente rese conto della loro situazione risolvendo il problema, tramite il nostro aiuto e la loro forza di volontà, e producendo benessere per sé, per le proprie famiglie e la comunità in cui vivono”.