Uno studio sulle microplastiche inquinanti.
L’inquinamento da microplastiche rappresenta una minaccia sempre più grave per oceani, mari e fiumi e, di conseguenza, per la salute umana. Uno dei principali problemi da affrontare per contrastare questa minaccia è comprendere come le minuscole particelle di plastica vengano trasportate dai corsi d’acqua, si disperdano nell’oceano e infine si depositino sul fondale marino.
Una nuova ricerca fa luce proprio sulla dinamica rotazionale delle fibre di microplastica nei flussi turbolenti, fornendo informazioni cruciali sulle proprietà di trasporto, come la velocità di sedimentazione e le caratteristiche di dispersione di questi inquinanti. L’obiettivo è che questi risultati possano contribuire al monitoraggio delle particelle e alla progettazione di strutture più efficaci per la loro rimozione. Lo studio è stato condotto da Vlad Giurgiu, Giuseppe Caridi, Marco De Paoli e Alfredo Soldati, e il loro articolo, frutto della collaborazione tra l’Università di Udine e l’Università di Tecnologia di Vienna, è appena stato pubblicato su “Physical Review Letters”, la più prestigiosa rivista internazionale di fisica.
I grandi detriti di plastica, le attrezzature da pesca, processi industriale e anche le acque reflue delle lavatrici contribuiscono in modo significativo all’inquinamento da microplastiche negli oceani, con effetti dannosi sull’ambiente marino e sulla catena alimentare. Le microplastiche, spesso di dimensioni intorno a 1 mm, possono galleggiare o essere trasportate nelle profondità oceaniche attraverso diversi processi. Quando ingerite dagli organismi marini, queste particelle possono rilasciare sostanze chimiche nocive, con conseguenze negative per l’intero ecosistema.
“La maggior parte delle microplastiche negli oceani sono piccole fibre allungate, e la loro rotazione durante il trasporto gioca un ruolo cruciale – spiega Soldati, professore di di fluidodinamica presso l’Università di Udine e la TU Wien -. In un canale d’acqua di laboratorio, abbiamo misurato la velocità di rotazione delle fibre microplastiche lungo tre assi, inclusi la rotazione attorno all’asse longitudinale – spinning – e attorno agli assi trasversali – tumbling“.
“Sperimentalmente il problema è molto complesso per fibre di 10 micron di diametro e 1 millimetro di lunghezza e richiede sofisticate apparecchiature ottiche con illuminazione laser. I risultati hanno rivelato che lo spinning è significativamente superiore al tumbling, principalmente a causa delle fluttuazioni turbolente. Questi dati originali – conclude Soldati -, miglioreranno la previsione della resistenza delle fibre microplastiche e faciliteranno la calibrazione dei modelli di dispersione e sedimentazione delle microplastiche nei flussi oceanici.”
Fino ad oggi, la comprensione di dove e come le microplastiche tendano ad accumularsi nell’ambiente era limitata. Ora, grazie agli esperimenti ottici, sarà possibile approfondire la conoscenza dei meccanismi di movimento delle microplastiche nei flussi oceanici.