Trovare nuove soluzioni utili a contrastare la “moria del kiwi” (Kiwifruit wine decline syndrome – Kvds), una pericolosa malattia che da più di dieci anni sta mettendo in ginocchio l’intera filiera in Italia. È quanto si propone il progetto di ricerca nazionale “Sos kiwi” coordinato dall’Università di Udine, in collaborazione con la Fondazione Agrion e gli atenei di Napoli “Federico II”, Reggio Calabria “Mediterranea” e Torino.
La malattia colpisce le radici della pianta, che perde foglie e di conseguenza non produce o produce pochi frutti non commercializzabili. La ricerca, triennale, è finanziata con 800 mila euro dal progetto “Ager – Agroalimentare e ricerca”, promosso da 18 Fondazioni di origine bancaria, tra cui la Fondazione Friuli.
“Il progetto Sos Kiwi – sottolinea il presidente della Fondazione Friuli, Giuseppe Morandini – è riuscito a cogliere perfettamente gli aspetti salienti del bando che richiedeva la partecipazione di enti di ricerca italiani con una forte interdisciplinarità, riuscendo a proporre linee di ricerca in grado di soddisfare i fabbisogni di innovazione rilevati da Ager”.
Il bando
“Sos kiwi” (From Soil to soil: origin and remediation to kiwifruit in decline syndrome) è fra i tre vincitori del bando “Dal suolo al campo” promosso da Ager al quale hanno partecipato una trentina di progetti. Obiettivo dell’iniziativa è favorire soluzioni innovative per migliorare l’adattamento delle colture al cambiamento climatico, ritenuto tra le principali cause della diffusione della moria. I partecipanti al bando sono stati una trentina.
Sos Kiwi
La ricerca analizzerà i meccanismi alla base della malattia. Saranno identificati i biomarcatori utili per la diagnosi e definire nuove strategie di controllo e prevenzione che facciano anche uso di microrganismi utili del suolo. Allo studio – coordinato da Marta Martini, docente di Patologia vegetale del Dipartimento di scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Ateneo friulano – partecipano ricercatori tra i massimi esperti di moria del kiwi a livello internazionale.
“Mentre i danni economici sono ben evidenti, tutti i fattori scatenanti la moria non sono noti e per combatterla non esiste una cura con fitofarmaci specifici, ma soprattutto una difesa preventiva – spiega la professoressa Martini –. Con la nostra ricerca svilupperemo nuove tecniche per diagnosticare le cause e metteremo a punto sistemi di contrasto basati su portainnesti resistenti e su microrganismi utili del suolo, perché è lì che nasce il problema. E siamo molto fiduciosi – evidenzia Martini – di ottenere risultati utili, visto che per la prima volta in Italia, e grazie ad Ager, è stato finanziato uno studio che ha costituito un gruppo di lavoro a valenza nazionale”.
Il compito dell’Ateneo friulano
Entrando nello specifico, l’Università di Udine si occuperà di selezionare delle specie di actinidia resistenti o tolleranti alla moria su cui innestare le varietà commerciali, visto che la malattia colpisce le radici. Accanto a questo, saranno sviluppate strategie di prevenzione e controllo. L’Ateneo potrà anche contare sull’esperienza già maturata con Ager, sempre in qualità di capofila, visto che finora ha già coordinato quattro progetti: sulla valorizzazione dei sottoprodotti della vinificazione, lo studio di nuovi mangimi per un’acquacoltura sostenibile, le produzioni di quarta gamma, la lotta ai giallumi della vite.