L’operazione dell’Oipa di Udine
Li pubblicizzava online come gattini di razza e li vendevano a cifre che andavano da 150 a 400 euro, ex allevatore di Udine finisce nei guai. Il blitz realizzato dalle guardie ecozoofile Oipa di Udine e dei carabinieri.
L’uomo deteneva 16 cuccioli di gatto rinchiusi e suddivisi in gabbie per roditori in condizioni igienico sanitarie terrificanti. A loro disposizione acqua putrida e residui maleodoranti di cibo, mentre il fondo delle gabbie era cosparso di lettiera sporca,urina e feci.
L’operazione è scattata a seguito delle indagini che andavano avanti da alcuni mesi. L’uomo vendeva i micetti online spacciandoli come di razza. Una volta acquistati però, gli acquirenti si accorgevano che gli animali non erano altro che dei normalissimi gatti di razza europea.
L’aspetto ancor più grave, però, era che i gattini erano debilitati da parassiti esterni ed interni ed erano affetti da otiti da acari e da varie patologie quali calicivirosi, coccidiosi o parvovirosi. Molti di essi sono purtroppo deceduti a distanza di qualche giorno dall’acquisto nonostante le terapie da parte dei veterinari.
La costante reclusione stava pregiudicando il corretto sviluppo psico-motorio dei cuccioli, alcuni dei quali presentavano anche escoriazioni sul naso causate dal costante sfregamento contro le sbarre della gabbia da cui cercavano di uscire.
Alcuni dei gattini precedentemente venduti e segnalati dagli acquirenti sono ancora sottoposti a terapia mentre la maggior parte di loro non è sopravvissuta se non per pochi giorni dopo l’acquisto.
I piccoli felini sono stati sequestrati penalmente e portati in struttura protetta per essere visitati e curati. Per l’uomo, invece, è scattata l’ennesima denuncia per il reato di maltrattamento di animali e di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze.
Al momento, vista la condotta recidiva del venditore nel perpetrare il reato di maltrattamento di animali, reato per cui stava in quel momento scontando una condanna definitiva in regime di detenzione domiciliare, l’autorità competente revocava il beneficio concesso fino a fine pena facendolo associare ad una casa circondariale.