Università di Udine e Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale insegnano le migliori pratiche nello screening
Diffondere anche in Africa le migliori pratiche nello screening neonatale, nella diagnosi e nel trattamento della morte improvvisa dei neonati e nella prevenzione e cura dell’anemia falciforme. È l’obiettivo di un progetto internazionale di formazione di ricercatori e personale medico africano che vede impegnate l’Università di Udine e l’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc).
Il programma, quinquennale, coinvolge istituzioni sanitarie, scientifiche e universitarie di Cipro, Francia, Italia, Kenya, Libano, Nigeria, Regno Unito e Stati Uniti. L’iniziativa si traduce in un programma di scambio multidisciplinare di conoscenze, pratiche sanitarie e personale tra ricercatori, esperti e personale tra le istituzioni partner.
Denominato “African research and innovative initiative for sickle cell education” (Arise), il progetto è finanziato dall’Unione europea ed è coordinato dalla Fondazione Gianni Benzi di Bari e dal Guys and St Thomas’ NHS Foundation Trust di Londra. Le responsabili locali del progetto sono: Paola Cogo, docente di pediatria generale e specialistica del Dipartimento di Medicina dell’Università di Udine e direttrice Scuola di specializzazione in pediatria dell’Ateneo e della Clinica pediatrica dell’Asufc, e Ilaria Liguoro, sempre della Clinica pediatrica.
Dallo Zambia al Friuli
Nell’ambito delle attività del progetto Udine ha ospitato tre ricercatori provenienti dalla University Teaching Hospitals della capitale dello Zambia, Lusaka. Si tratta Inonge Akekelwa, Natasha Mupeta Kaweme e Ballison Simatimbe. Le prime due ricercatrici hanno lavorato per tre mesi nella Clinica Pediatrica sotto la supervisione di Paola Cogo e Ilaria Liguoro.
L’attività di ricerca di Akekelwa si è concentrata sullo studio dell’anemia falciforme in età pediatrica e sull’efficacia della profilassi antibiotica oltre i cinque anni di vita. Kaweme, sempre nell’ambito dell’anemia falciforme in età pediatrica, ha studiato l’impatto delle singole variabili mutazionali sul fenotipo clinico dei pazienti, in termini di severità della malattia o di risposta ai trattamenti.
Simatimbe ha operato per sei mesi nell’Area biologia molecolare della Piattaforma specializzata Centro servizi e laboratori sotto la supervisione di Francesco Curcio e Stefania Marzinotto. Tre gli obiettivi della sua formazione: apprendere i diversi principi della diagnosi molecolare dell’anemia falciforme, le diverse tecniche di ricerca, l’applicazione dei risultati molecolari e genetici per migliorare lo standard di cura dei pazienti in Zambia.
Le attività
L’ambio ampio piano di scambi tra Paesi europei ed extra europei ha consentito di attivare iniziative di ricerca e formazione collaborative, riguardanti: la prevalenza dell’anemia falciforme, i genotipi e fenotipi, le migliori pratiche esistenti per lo screening neonatale e la diagnosi precoce. Ma anche di affrontare i temi del coinvolgimento dei pazienti, delle famiglie e dei decisori istituzionali per individuare gli ostacoli allo screening neonatale, il rapporto tra diagnosi di laboratorio e sistemi di garanzia della qualità per lo screening della popolazione, i protocolli di trattamento per la gestione delle complicanze più comuni e la transizione dall’assistenza pediatrica a quella per adulti. Infine, le strategie di promozione della salute e della corretta nutrizione.
Cos’è l’anemia falciforme
Con anemia falciforme si intende un gruppo di malattie ereditarie dei globuli rossi, tra le più comuni al mondo, con oltre 300 mila nascite all’anno, di cui l’85 per cento nell’Africa Sub-sahariana. In Italia i pazienti italiani affetti da questa patologia sono fra i 2.500 e i 4.000, ma manca un registro ufficiale.
“Secondo la Società italiana talassemie ed emoglobinopatie (Site) e l’Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica (Aieop) – spiegano Paola Cogo e Ilaria Liguoro – è possibile che esista un importante sommerso. Si tratta di una malattia ematologica rara, ma in rapida evoluzione. Storicamente, la Regione più colpita è la Sicilia, ma oggi, a causa delle recenti ondate migratorie, è il Nord Italia la zona con il maggior numero di casi“.
Test molecolare neonatale, Udine unico centro italiano
All’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine è attivo dal 2020 lo screening molecolare neonatale per l’identificazione delle emoglobinopatie (anemia falciforme inclusa). Il test è offerto a tutti i nuovi nati. A oggi è l’unica struttura ospedaliera in Italia ad effettuarlo. Nel resto del Friuli Venezia Giulia e in altre regioni è comunque attivo lo screening mediante elettroforesi o mirato, cioè indirizzato a una popolazione specifica che presenti determinati fattori di rischio, quali familiarità o etnia.