A Udine affollato incontro a palazzo Antonini Belgrado sul futuro dell’ex Safau.
L’ex Safau come punto di partenza per la riqualificazione di Udine. “Oggi accendiamo una speranza per la città. Vogliamo che dopo 40 anni ci sia l’occasione finalmente per immaginare una nuova Udine dove trovi posto la nuova stazione dei treni così come quella delle corriere, un centro direzionale, servizi e spazi per i cittadini. Dobbiamo superare rassegnazione e malinconia e accendere entusiasmo e creatività perché anche un lungo percorso comincia con un piccolo passo”.
Così Alberto Felice De Toni, candidato della coalizione a tridente alternativa al centrodestra, ha aperto un affollato incontro a palazzo Antonini Belgrado a Udine organizzato per parlare del futuro dell’area ex Safau. Tante, infatti, le persone che hanno voluto partecipare, a tal punto che in molti e molte hanno aspettato fino alla fine fuori dalla sede dell’ex Provincia in attesa di poter entrare. “Una dimostrazione – hanno commentato gli organizzatori, ovvero l’intera coalizione che sostiene De Toni alle prossime elezioni comunali – di quanto sia viva la speranza di riappropriarsi di un’area che tanto ha rappresentato per la città e che molto può offrire in futuro”.
Dell’area (ormai ex) Safau, e del suo forno Martin Siemens, unico esempio di archeologia industriale rimasto ormai in Italia, infatti, si parla da molto tempo. Un luogo, che va da via Milazzo a via Catalafimi e a via Lumignacco, che racchide le speranze per la rinascita di una “nuova Udine”.
Gli interventi.
Ad aprire la mattinata, moderata da Stefania Garlatti Costa (Patto per l’Autonomia) e alla quale ha preso parte anche la proprietà dell’area, rappresentata dal direttore immobiliare della Rizzani de Eccher Davide Carrer, è stata l’introduzione di Roberto Muradore, per associazione Amîs de Safau, ovvero da chi in quell’area ha lavorato per anni. A seguire i vari portatori di interesse, ordini professionali ed esperti di rigenerazione urbana, ex rappresentanti di Rfi, architetti, progettisti, ma anche chi si occupa di marginalità, come Paolo Zernarolla, vicepresidente della Caritas di Udine, perché quell’area non è stata, e non è tutt’ora, “abitata” solo da edifici, ma anche da persone che in quegli edifici ha trovato un tetto sotto cui ripararsi.
Sono intervenuti quindi l’architetto Franco Almacolle, già funzionario della Sovrintendenza, che si è soffermato su come conservare il sito del forno dal punto di vista procedurale-burocratico per una sua valorizzazione. L’architetto Roberto Cocchi, consulente e progettista per enti pubblici, che ha parlato di come riqualificare quelle che ha definito “cesure”, l’ingegner Francesco De Benedetto, già dirigente Rfi e Trenitalia, e l’architetto Umberto Sistarelli (entrambi Partito Democratico) che hanno parlato invece delle modifiche al sistema ferroviario intorno a Udine.
Tra gli interventi anche quello dell’ex assessore comunale alla Pianificazione Territoriale e ora consigliera regionale, Mariagrazia Santoro, che ha ricordato cosa preveda il nuovo piano regolatore, varato proprio all’epoca del suo assessorato nella prima giunta Honsell. Parola poi all’architetto Alessandro Verona sul progetto, realizzato negli anni duemila e commissionato dal Comune di Udine, per lo sviluppo delle aree ferroviarie. Spazio anche per gli interventi dell’ingegner Gladys Lizzi dell’ordine degli ingegneri di Udine e dell’architetto Serena Pellegrino (Sinistra Italiana).
Non riqualificazione, ma rigenerazione.
“C’è differenza tra riqualificazione – ha concluso De Toni, prima degli interventi dal pubblico –, che è solo spaziale, e rigenerazione che è anche e soprattutto recupero dell’identità. Ed è questa che noi vogliamo per Udine, abbiamo la possibilità di farlo, lo abbiamo sentito da tutti gli interventi di oggi. È già successo a Napoli con la Bagnoli o a Torino la Fiat e la Michelin, possiamo farlo anche a Udine, perché, come sostengo, sono le persone a fare la differenza”.
Il documentario.
Non poteva mancare, infine, la proiezione alla presenza degli autori del documentario sul grande stabilimento siderurgico udinese “L’acciaio dentro. Vite, fatiche e sudore accanto al camino della Safau”, realizzato lo scorso anno da Andrea Marmai e Ivano Sebastianutti.