Il saluto del direttore della Struttura di Anatomia Patologica dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine
Dopo 50 anni di attività, il dottor Stefano Pizzolitto, direttore della Struttura di Anatomia Patologica dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, va, meritatamente, in pensione. Oggi, martedì 30 luglio, infatti, è il suo ultimo giorno lavorativo. Con lui riviviamo l’esperienza di questi anni e l’evoluzione che l’attività ha avuto nel tempo.
“50 anni perché, ai 44 effettivi di servizio, aggiungo anche i sei anni della laurea: ancora prima di iscrivermi a medicina, avevo già deciso che avrei fatto l’Anatomo Patologo”, spiega Pizzolitto. “È stato per me un lungo percorso che mi ha visto partecipare con entusiasmo a svolte molto importanti talora anche epocali della storia della medicina”.
La figura dell’Anatomo-Patologo oggi
“Oggi il Patologo – continua Pizzolitto – deve considerarsi a tutti gli effetti un clinico che cura i malati e non solo un morfologo che diagnostica le loro malattie: è una figura che vede il mondo da dentro a fuori, aspetto un po’ diverso rispetto a molte altre specialità. Infatti, tanto nella ricerca macroscopica autoptica quanto nello studio cito-istologico e molecolare, il Patologo si sforza sempre di ricercare la verità dall’interno delle cose, dal loro più intimo segreto biologico per trarne fuori soluzioni cliniche sempre più appropriate”.
L’evoluzione negli anni: i ricordi più significativi
“Posso ricordare, ad esempio, l’evoluzione delle malattie infettive in cui la ricerca autoptica ha saputo fronteggiare in modo esemplare scoprendone gli aspetti patologici e patogenetici, a partire dalla tubercolosi, per poi passare agli inizi degli Anni ’80 a documentare la patologia legata all’infezione dal virus HIV dell’immunodeficienza acquisita. E poi è arrivato il virus della mucca pazza e, poi, il Coronavirus 1, il virus della febbre del Nilo e, infine, il COVID 19. Il Patologo non si è mai tirato indietro nell’affrontare malattie di cui spesso ignoravamo la pericolosità, pur di sapere, di conoscere quanto ci stava accadendo”, racconta ancora Pizzolitto.
La sfida dell’oncologia di precisione
“Probabilmente è il periodo più esaltante della mia carriera sono stati gli ultimi dieci anni, perché sono quelli della cosiddetta Oncologia di Precisione dove la valutazione dell’assetto mutazionale genico e non solo dei tumori ha permesso di fornire all’oncologo la chiave di lettura per terapie sempre più personalizzate con farmaci a bersaglio molecolare“, spiega ancora Pizzolitto.
“Un periodo nel quale non viene a mancare l’originaria vocazione, da sempre coltivata, quella della diagnostica nefropatologica clinica che si è anche avvalsa, tempo addietro, di studi sperimentali sulla manipolazione della dieta nell’insufficienza renale cronica oppure gli studi sperimentali sull’insufficienza renale acuta su base ischemica. Anche la Patologia Ultrastrutturale al microcopio elettronico a trasmissione è stata parte importante della mia attività”.
Una Struttura solida, grazie al lavoro di squadra
“Lascio una struttura solida che, pur con le criticità legate al periodo storico attuale, ha dimostrato di affrontare con successo tutte le grandi sfide della medicina moderna. E questo grazie a tutti i collaboratori tecnici, biologi e medici che si sono succeduti nell’arco di questo così lungo periodo”, prosegue Pizzolitto.
“Il futuro? Spero che chi mi succederà porti a termine alcuni progetti che ho impostato. Oltre al continuo sviluppo delle indagini di Biologia Molecolare, penso all’automazione spinta dei processi di laboratorio dell’Anatomia Patologica (da sempre considerata disciplina di manualità quasi artigianale), la Digital Pathology e l’Intelligenza Artificiale. Queste ultime rappresentano un’opportunità formidabile per una diagnostica avanzata in cui il Patologo si potrà avvalere di un ‘collega digitale’ a tutti gli effetti”.
“Questo futuro dovrà, a mio giudizio, affiancarsi con rispetto a un passato-presente legato ancora al microscopio e alla morfologia, in una sorta di vite parallele per un nuovo umanesimo – continua Pizzolitto – come un incessante mito di Sisifo intento a far sempre rotolare la pietra verso l’alto persuaso di quanto ancora è umano il nostro percorso”.
Dal caso Englaro alle questioni legate all’amianto
Stefano Pizzolitto chiude una carriera in cui anche l’attività di medicina legale ha avuto la sua importanza: tra questi gli incarichi nel caso Englaro e, più recentemente, come consulente tecnico di parte nelle questioni legate all’amianto. “Sto valutando cosa fare, ma sicuramente l’anatomia patologica rappresenta qualcosa d’importante e di vitale per me”, conclude il medico. “Sarei davvero felice di poter continuare a seguire ancora ogni sua fantastica evoluzione”.