La struttura al momento ospita 67 minori stranieri, in arrivo da dieci Paesi diversi
Più di due ore nei locali della Casa dell’Immacolata di Udine, su e giù per le scale a visitare le classi dove si insegna l’italiano ai minori stranieri non accompagnati e i laboratori dove questi giovanissimi – attualmente gli ospiti sono 67, provenienti in prevalenza da Egitto, Pakistan e Bangladesh con presenze anche da Albania, Kosovo, Afghanistan, Tunisia, Marocco, Gambia e Guinea – imparano a lavorare il legno e altri materiali. Per poi confrontarsi a lungo con Vittorino Boem, presidente della Fondazione, e il suo staff dirigenziale.
È stata una vera full immersion la visita organizzata dalla VI Commissione del Consiglio regionale in una delle strutture che si trovano a gestire accoglienza e formazione dei ragazzi extracomunitari. Ulteriore tappa di un progetto messo in campo dal presidente Roberto Novelli (Forza Italia) per uscire dalle aule istituzionali e toccare con mano le realtà del territorio. Al lungo sopralluogo hanno partecipato i consiglieri Massimiliano Pozzo (Pd), Massimo Moretuzzo (Patto per l’autonomia-Civica Fvg), Serena Pellegrino (Avs), Manuele Ferrari (Lega), Furio Honsell (Open Sinistra Fvg) e Rosaria Capozzi (M5S).
Minori stranieri non accompagnati
Il tema dei minori stranieri non accompagnati, politicamente caldo come pochi, è stato affrontato con franchezza anche dal presidente Boem: “Tutti sappiamo – ha ricordato il presidente della Fondazione Casa dell’Immacolata – che siamo assurti all’onore delle cronache per aspetti non positivi, dopo che alla fine del 2023 c’era stato un afflusso improvviso di molti ragazzi, in grande maggioranza egiziani”.
Il problema strutturale, secondo Boem, è che non esistono filtri all’ingresso in Italia e dunque le strutture come la Casa dell’Immacolata si trovano a gestire ospiti molto diversi tra loro: “C’è chi ha voglia di formarsi per poi trovare un lavoro, ma anche giovani con problemi psichiatrici o di dipendenza, che hanno esigenze diverse e a cui servirebbero professionalità specifiche. Noi dobbiamo occuparci di tutti indistintamente, e a volte siamo un po’ abbandonati a noi stessi: è sbagliato inquadrarli in un’unica categoria”.
Si è spento l’allarme sicurezza
Se allora l’allarme-sicurezza è andato scemando negli ultimi mesi (“Questura e Prefettura hanno allontanato qualche ragazzo problematico”), resta l’esigenza di rafforzare questa “prima linea”, e Boem ha approfittato dell’occasione per ricordare che è stato già presentato alla Regione “un progetto di riqualificazione della nostra struttura che ci consentirebbe una gestione a moduli separati molto più efficace. Per portare avanti anche le altre attività di formazione per giovani e adulti, perché non ci occupiamo solo di minori anche se finiamo sui giornali solo per quel motivo. Il progetto ha un costo di 5 milioni, ma 2 milioni e mezzo sono già nelle nostre disponibilità”.
Il rischio dello sfruttamento e del caporalato
“Questa visita – ha osservato il presidente Novelli al termine del confronto tra i consiglieri e i dirigenti della struttura – va nel solco di un percorso di conoscenza per verificare le modalità di accoglienza e formazione di questi ragazzi, ma anche il problema, molto sentito in particolare a Udine, della sicurezza all’esterno”. Il consigliere forzista ha voluto conoscere gli sbocchi finali della formazione, che vedono – gli ha risposto Boem – circa il 70 per cento di giovani in grado di trovare lavoro alla fine dei corsi.
“Ma la vera sfida – ha osservato il presidente della Fondazione – è far capire che quel percorso formativo è un bene per la loro vita, perché molti di loro aspettano solo di compiere 18 anni e di avere i documenti per andare a lavorare dove qualcun altro li aspetta. C’è di sicuro una filiera che li sfrutta e ci sono situazioni di caporalato“.
Le domande dei consiglieri
Numerose le richieste di chiarimento e le proposte avanzate dai consiglieri. Pellegrino – che ha anche chiesto a Novelli di organizzare un’audizione in aula su questi temi – ha proposto di avvicinare gli ospiti alle realtà sindacali, per far capire loro che esiste un sistema legale e di protezione nel mondo del lavoro. Pozzo era, invece, interessato a capire meglio come si organizza la struttura rispetto al disagio psicologico.
Moretuzzo ha chiesto chiarimenti sull’iter tipico di un minore che arriva in Italia, mentre Capozzi si è informata sull’organico a disposizione della Casa: 25-26 persone che lavorano nel campo educativo, tra assunti e partite Iva, e altri sei dipendenti impiegati stabilmente nella formazione. Ferrari, infine, ha chiesto approfondimenti finanziari sul progetto di riqualificazione della struttura.