Dopo l’incendio nel carcere di Udine montano le polemiche

Il sindacato segnala la mancanza di mascherine antifumo e antigas a disposizione degli agenti del carcere di Udine.

Montano le polemiche nel carcere di via Spalato, a Udine, dopo la folle giornata di ieri, quando la protesta di due detenuti che hanno appiccato un incendio in cella poteva sfociare in tragedia. 

Le fiamme ed il denso fumo propagato hanno infatti invaso tutta la struttura detentiva, fino al secondo piano, tanto da richiedere l’applicazione del piano antincendio con l’uscita di tutti i detenuti dalle celle per essere condotti nei cortili dei passeggi di tutti i detenuti della struttura. Sono intervenuti i vigili del fuoco, anche se l’incendio era stato domato dal personale di Polizia Penitenziaria in servizio: cinque i poliziotti intossicati che sono poi dovuti ricorrere alle cure del Pronto Soccorso.

“La cosa grave e assurda è che gli agenti si sono dovuti salvaguardare con fazzoletti bagnati  per non inspirare fumo data l’assenza dei dispositivi di protezione individuale – denuncia Giovanni Altomare, segretario regionale per il Friuli Venezia Giulia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria -. Proprio il Sappe aveva denunciato, dopo una visita ai posti di servizio nei box agenti delle sezioni detentive, la mancanza dei dispositivi di protezione individuale con maschere antigas e antifumo, ma la denuncia è rimasta lettera morta. Ed anche una ulteriore nota sindacale dalla Segreteria Generale del SAPPE che contestava per iscritto questa mancanza, segnalata anche al Provveditorato regionale di Padova ed al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, è rimasta incredibilmente senza alcuna risposta. E la cosa grave è che in tante Sezioni detentive del carcere di via Spalato ancora oggi mancano i dispositivi di protezione individuale. E’ una vergogna!”, tuona ancora Altomare.

Solidarietà e parole di apprezzamento per la professionalità, il coraggio e lo spirito di servizio dimostrati di poliziotti penitenziari del carcere di Udine arriva anche da Donato Capece, segretario generale del Sappe. “I poliziotti penitenziari hanno sventato una tragedia e sono stati degli eroi, anche se devono tutti i giorni fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori. Mi riferisco alla necessità di nuove assunzioni nel Corpo di polizia penitenziaria, corsi di formazione e aggiornamento professionale, nuovi strumenti di operatività come il taser, kit anti-aggressioni, guanti antitaglio, bodycam, promessi da mesi dai vertici ministeriali ma di cui non c’è traccia alcuna in periferia. Come non c’è traccia di organizzazione di attività di formazione ed aggiornamento professionale per gli Agenti, lasciati allo sbando e soli a gestire in prima linea le continue gravi e pericolose criticità!”.

Per Capece, “è grave che ieri sera i poliziotti di Udine non avessero a loro tutela i dispositivi di protezione individuale, specie dopo le proteste e le sollecitazioni del Sappe. Questa indifferenza è inaccettabile. C’è grande bisogno di cambiamenti, c’è grande bisogno di aria nuova al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ed al Dipartimento della Giustizia minorile e di Comunità, dove negli ultimi anni le classi dirigenti hanno fallito con scelte gestionali discutibili e pericolose come ad esempio l’introduzione e il mantenimento della vigilanza dinamica dei detenuti, che è alla base dell’altissimo numero di eventi critici che accadono ogni giorno nelle Sezioni detentive, il depotenziamento del Corpo di polizia penitenziaria, sotto organico di 4mila unità, i cui appartenenti sono stati lasciati da soli e senza mezzi a fronteggiare l’inaccettabile violenza di una parte consistente di ristretti, a cui sono state chiuse Centrali Operative, Basi Navali, Provveditorati regionali e altri Uffici operativi sul territorio e ancora senza chiare ‘regole di ingaggio’ e di una efficace organizzazione del lavoro – prosegue Capece – . Si è tentato, ed in parte si è riusciti, a demolire un Corpo di Polizia dello Stato privilegiando aspetti trattamentali e assolutori piuttosto che puntando a garantire ordine e sicurezza in carcere e piene tutele al personale di Polizia.  Per non parlare del clamoroso aumento dei suicidi in cella, segno di una incapacità a gestire le reali situazioni che si vivono in carcere, e la crescita esponenziale di episodi violenti da parte di detenuti psichiatrici ristretti, a dimostrazione di una incapacità di trovare una efficace soluzione alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari che invece dovrebbero essere riaperti, con regole e gestioni differenti rispetto al passato ma assolutamente necessari”.