Valutare, a livello europeo, l’impatto della rinaturalizzazione di aree montane e marginali sulla biodiversità e sul sequestro del carbonio. È l’obiettivo del progetto europeo quadriennale “Wildcard”, guidato dall’Università di Udine, del valore di oltre 10 milioni di euro, che partirà a gennaio 2024. Il progetto, interdisciplinare, coinvolge 16 partner di nove Paesi (Belgio, Bulgaria, Finlandia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Romania, Svizzera). Wildcard è finanziato con quasi 9 milioni di euro dalla Commissione europea, nell’ambito del programma Horizon, e con 1.2 milioni di euro dalla Svizzera.
Il coordinatore è Giorgio Alberti, professore di selvicoltura e assestamento forestale del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Ateneo friulano. Nel video, https://youtu.be/AW2MwhJLIsc, i ricercatori dell’Università di Udine impegnati in una campagna di rilievo in una foresta vetusta.
Finalità e metodo
Il progetto dovrà valutare l’impatto di due fenomeni naturali sul sequestro del carbonio e sulla biodiversità: l’espansione naturale del bosco su terreni agricoli abbandonati e la libera evoluzione degli ecosistemi forestali una volta cessata la gestione forestale. Il lavoro di ricerca combinerà misurazioni in campo, osservazioni da remoto, modelli sulle dinamiche della vegetazione con analisi economiche, politiche e sociali a diverse scale spaziali e temporali.
Le indagini in Friuli Venezia Giulia
In regione le ricerche si concentreranno, in particolare, nei boschi vetusti di Ampezzo e nelle zone di espansione del bosco, come le valli del Torre e del Natisone. Il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Ateneo friulano, che coordinerà l’intero progetto, sarà anche impegnato in una serie di misurazioni in campo e da remoto volte alla comprensione delle dinamiche legate all’espansione del bosco.
Supporto ai decision maker
I risultati potranno essere di supporto ai responsabili istituzionali nazionali ed europei per identificare quali meccanismi di innovazione sociale e quali modelli e incentivi possano supportare azioni basate sulla natura per favorire la mitigazione del cambiamento climatico in atto.
“Si tratta – sottolinea il rettore Roberto Pinton – di un finanziamento importante che riconosce l’impegno dell’Ateneo nella ricerca in campo ambientale e della sostenibilità e che si affianca ai numerosi progetti nazionali ed internazionali di cui la nostra università è partner come, per esempio, il Centro nazionale per la biodiversità finanziato dal Piano nazionale di resistenza e resilienza con cui saranno numerose le sinergie e le attività comuni”.
La situazione
Due delle principali sfide che l’umanità sta affrontando riguardano la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto e la prevenzione della perdita di biodiversità su scala globale. Il raggiungimento degli obiettivi degli accordi di Parigi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi richiede una forte riduzione nell’uso di combustibili fossili e nelle emissioni di gas serra.
Ma anche azioni volte a catturare e stoccare l’anidride carbonica (CO2) in modo da ridurne la concentrazione atmosferica, alcune delle quali basate sugli ecosistemi terrestri. Per questo, l’Unione Europea ha recentemente stabilito che entro il 2030 dovranno essere adottate misure per il ripristino della natura che coinvolgano almeno il 20 per cento delle aree terrestri e marine all’interno dell’Unione.
“Tuttavia – spiega Giorgio Alberti –, c’è ancora un certo grado di incertezza sul potenziale impatto che tali misure di rinaturalizzazione potranno avere sul sequestro della CO2 atmosferica. E quindi sul possibile contributo alle azioni di mitigazione del cambiamento climatico, nonché sulle possibili conseguenze sulla biodiversità e sui diversi servizi ecosistemici. Inoltre – aggiunge il coordinatore del progetto –, il dibattito in ambito scientifico e tecnico circa l’opportunità di lasciare ampie aree forestali senza alcuna gestione da parte dell’uomo è piuttosto acceso e attuale e la raccolta di dati confrontando foreste gestite e non sarà particolarmente utile per la comunità scientifica”.
Chi partecipa al progetto
I partner dei nove Paesi partecipanti al progetto sono: per l’Italia, le università di Udine, di Padova e di Torino; per il Belgio, il Prospex Institute e il Research Institute for Nature and Forest, entrambi con sede a Bruxelles; per la Bulgaria, l‘Institute of Biodiversity and Ecosystem Research at the Bulgarian Academy of Sciences di Sofia; per la Finlandia, lo European Forest Institute di Joensuu; per la Germania, la Technische Universitaet (Tum) di Monaco di Baviera, il Forest Research Institute del Baden-Württemberg Baden Wuttenberg di Friburgo e l’Istituto di ricerca forestale della Germania nordoccidentale di Gottinga; per i Paesi Bassi, la Stichting VU di Amsterdam e la Stichting Wageningen Research di Wageningen; per la Repubblica Ceca, la University of South Bohemia di České Budějovice e l’Istituto di ricerca ‘Silva Taroucy’ per il paesaggio e il giardinaggio ornamentale di Průhonice; per la Romania, la ‚Stefan cel Mare‘ University di Suceava; per la Svizzera, il Politecnico federale (ETH) di Zurigo.