L’aula studio della biblioteca scientifica intitolata a don Pierluigi Di Piazza.
L’Università di Udine ha intitolato a don Pierluigi Di Piazza, fondatore del Centro di accoglienza “Ernesto Balducci” di Zugliano, l’aula studio da 120 posti al piano terra della Biblioteca scientifica. Al taglio del nastro è seguita la benedizione degli spazi e lo scoprimento simbolico di un pannello, lungo quattro metri e alto uno e mezzo, dedicato al sacerdote originario di Tualis, frazione del Comune carnico di Comeglians.
Affisso su una parete, il pannello riproduce una foto di don Pierluigi e una sua frase significativa inneggiante alla promozione della dignità umana e contro l’indifferenza. La cerimonia infatti è stata intitolata “Non girarti dall’altra parte”, una frase simbolo del suo pensiero e della sua opera. Scomparso a 74 anni, nel 2022, dopo una breve malattia, don Di Piazza nel 2006 aveva ricevuto la laurea honoris causa in Scienze economiche dall’Ateneo friulano. Nel 2011 aveva partecipato alla redazione del Codice etico dell’Università.
All’inaugurazione sono intervenuti, fra gli altri, il rettore Roberto Pinton, la professoressa Marina Brollo, autrice della laudatio a Di Piazza in occasione del conferimento della laurea; Vito Di Piazza, fratello di Pierluigi, e il filosofo Massimo Cacciari. Dopo il taglio del nastro, al quale si è unito il sindaco di Udine, è seguita la benedizione di monsignor Guido Genero, vicario generale dell’arcidiocesi di Udine. L’evento è quindi proseguito nell’auditorium della Biblioteca, preceduto da un breve estratto dal film documentario del 2016 “I volti spirituali del Friuli. Pierluigi Di Piazza” del regista Marco D’Agostini. Grande la partecipazione, sono state quasi 300 le persone che hanno seguito la cerimonia.
Il pannello, la foto e la citazione.
Il pannello, lungo quattro metri per uno e mezzo di altezza, riproduce una foto in bianco e nero (di Danilo De Marco) di don Pierluigi in un primo piano riflessivo e sereno. Accanto alla foto una citazione del sacerdote: “Sogno e mi impegno per una umanità in cui la dignità di ogni persona sia riconosciuta e promossa. Il mio nemico è l’indifferenza”.
L’aula studio.
Situata al piano terra della Biblioteca scientifica e tecnologica, l’aula studio può contare su 120 posti. Ognuno è dotato di un punto di ricarica per il computer portatile, connessione wifi e di illuminazione autonoma e regolabile per lo studio e la lettura. La Biblioteca è fra i sei vincitori del premio nazionale “CasaClima” per il miglior progetto di edilizia sostenibile certificata del 2022, anno della sua inaugurazione.
L’Ateneo Friulano e Don Pierluigi.
L’Università di Udine ha avuto in Pierluigi Di Piazza un protagonista attivo in molte attività, anche in veste istituzionale, per oltre vent’anni. In particolare, nel 2011 don Pierluigi fece parte, come componente esterno, della commissione che redasse il Codice etico dell’Ateneo. In precedenza, il 13 gennaio 2006 l’Università friulana gli conferì la laurea honoris causa in Scienze economiche, su proposta dell’allora facoltà di Economia e del suo preside, Flavio Pressacco, in quanto “imprenditore di solidarietà”. Di Piazza, recitava la motivazione, «è ispiratore, realizzatore e infaticabile animatore del Centro Balducci: un contenitore di concreta solidarietà, ma anche centro di elaborazione culturale di rilievo internazionale sui temi della pace, della non violenza e dell’incontro con il diverso». Nella sua lectio magistralis don Pierluigi esortava a passare dall’«economia di morte all’economia di vita», che è poi quell’«economia della solidarietà» sperimentata come possibile proprio dal Centro Balducci e che consiste anche nell’«investire in istruzione, ricerca, cultura, sanità». “Un’economia di solidarietà per umanizzare il mondo” si intitolava infatti la sua lezione magistrale pronunciata davanti a un’aula magna gremita di oltre 350 persone.
Obiettivi, concetti, proponimenti che Di Piazza, poco più di un anno dopo, nella primavera del 2007, elaborava così partecipando a un convegno dell’Ateneo udinese intitolato “Per un’etica mondiale”. «L’ingiustizia strutturale, l’impoverimento e la fame, le violenze, le armi e le guerre; le diverse forme di discriminazione e di razzismo; l’usurpazione delle risorse, la distruzione e l’inquinamento dell’ambiente vitale – affermava Di Piazza – esigono un’etica mondiale che, frutto delle diverse ispirazioni culturali e religiose, vincoli tutta l’umanità a decisioni e a una comune responsabilità per la giustizia, la pace, l’accoglienza, la dignità e i diritti umani di ogni persona e comunità, di tutta la famiglia umana».
Il 13 dicembre dello stesso anno partecipò all’incontro della comunità universitaria udinese con il Dalai Lama, davanti al quale evidenziò «l’importanza di valori quali giustizia, pace, compassione e accoglienza, per prepararsi come persone umane a rendere più umano questo mondo».
Nel maggio 2014 ha accompagnato una cinquantina di studenti del corso di laurea in Scienze della formazione primaria, e i loro docenti, a Barbiana “sulle tracce” di don Milani. Don Lorenzo era uno dei suoi punti di riferimento e ispiratori con il concetto di “prendere a cuore”, «fondamento – diceva Di Piazza – di ogni umanità attenta, sensibile, coinvolta e partecipe, liberata dall’indifferenza, dal cinismo, dalla crudeltà».
E proprio parlando di crudeltà, nel 2019, intervenendo premio di laurea intitolato a Silvia Gobbato, Di Piazza, parlando di donne e migrazioni, sottolineò quanto «la situazione delle donne migranti ci rivela la condizione che si vive nei Paesi da cui partono, spinte anche dalla violenza economica, con tutta una serie di diritti umani negati, ma anche le numerose e forti testimonianze di lotta e di resistenza, quindi da loro abbiamo molto da imparare». Don Di Piazza fu tra i promotori della laurea honoris causa a Georg Sporschill, gesuita che ha dedicato la sua vita agli ultimi: non a caso la cerimonia di consegna del titolo si tenne, nel settembre del 2019, presso il “Centro Balducci” e vide anche un intervento del sacerdote di Tualis
Gli interventi.
“Dedichiamo l’aula – ha detto il rettore Roberto Pinton – all’imprenditore di solidarietà Pierluigi Di Piazza, testimone appassionato dell’amore universale verso il prossimo, dell’accoglienza, dell’incontro con il diverso, della giustizia, della non violenza, dell’uguaglianza, dell’educazione e della conoscenza. Ha fondato, ed è stato instancabile animatore, di un luogo di pace, cittadinanza e cultura come il Centro di accoglienza per immigrati, profughi e rifugiati politici di Zugliano. Con la speranza e l’auspicio – ha sottolineato il rettore – che il suo esempio sia di ispirazione per gli studenti e le studentesse dell’Università di Udine”.
Per la professoressa Marina Brollo “il suo insegnamento, materiale e spirituale, è più che mai attuale in un clima politico che fa maturare un atteggiamento meno favorevole nei confronti dei migranti. Don Di Piazza ci ha insegnato come evitare che immigrazione faccia rima con sfruttamento e segregazione dei più deboli e svantaggiati”.
Nel suo intervento il fratello di don Pierluigi, Vito Di Piazza, ha detto che “l’Università di Udine ha saputo attribuire a un figlio del Friuli e della Carnia due grandi e prestigiosi riconoscimenti: la laurea honoris causa e l’intitolazione dell’aula studio che oggi consente che il ricordo di mio fratello e le sue sollecitazioni e riflessioni restino per sempre in questa sede così prestigiosa. In questo mondo, in questa società che sta delineandosi – ha continuato Di Piazza – credo che ci voglia uno scatto delle coscienze, scatti etici. E lo sdegno, che è doveroso, necessario di fronte alle prepotenze, violenze, ingiustizie e illegalità. È stato scelto di intitolargli un’aula studio, bella, grande, di 120 posti, tecnologica. E così da oggi possiamo dire che Pierluigi Di Piazza è a confronto continuo, quotidiano con gli studenti dell’Università di Udine“.
“Pierluigi – ha concluso il fratello Vito – ora appartiene al tempo dell’essere dopo aver seminato tanto il tempo dell’esistere, il tempo della storia che gli è stata da vivere, come una semente buona e ricca che continua ad operare e a portare tanti frutti”.
Il filosofo Massimo Cacciari, amico di don Di Piazza, ha riflettuto sul pensiero e la figura del prete di Tualis, sollecitato dal vice direttore del Messaggero Veneto, Paolo Mosanghini. “Per molti anni – ha detto – ci siamo incontrati ogni anno al Centro Balducci per discutere. Credo che per Pierluigi si possa dire che in principio era il logos. Perché il logos, etimologicamente, indica una relazione, un rapporto, un collegamento. Il logos è una parola che unisce, un discorso che collega, che si sforza di unire. Ma solo in principio era il logos? Questa era la domanda di Pierluigi. Siamo costretti a ricordarlo questo principio? Non dovrebbe essere in ogni momento questo principio? Che la nostra parola serve a unire, serve a trovare ciò che unisce? Senza eliminare la distinzione. La distinzione rimane tanto più tu cerchi di intenderti. La tua identità diventa più forte quanto tu intendi l’altro, non più debole. Quando tu riesci a riconoscere l’altro, conosci meglio la realtà in cui operi. Ma è solo in principio che c’era questo logos, adesso c’è il linguaggio dell’odio, della guerra, della sopraffazione, dell’intolleranza, dell’irriconoscimento. Qual è il linguaggio che pervade questo mondo? Il logos nel significato originario? No, esattamente l’opposto. È un hate speech dilagante. E questo faceva soffrire Pierluigi. E naturalmente credo faccia soffrire un cristiano più dolorosamente ancora. La cosa che colpiva di più in Pierluigi era la misericordia. Nel senso vero, evangelico del termine. Lui, a tu per tu, quell’immigrato, quella donna offesa, quell’orfano, tutti coloro che ospitava nel suo centro, lui quando li incontrava era “a pezzi” come loro. Non basta non volgersi dall’altra parte. Non basta fare la carità.
“Occorre compatire. Perché soltanto se riesci a “compatire” puoi affrontare situazioni drammatiche come quelle che stiamo vivendo quotidianamente. Drammi che sconvolgono gli equilibri politici, culturali, sociali, economici, del pianeta e se non sentiamo misericordia nel senso più acuto credo che non potremo uscirne. Non possiamo uscirne senza un radicale esame di coscienza e, per usare un linguaggio di Pierluigi, evangelico, cambiare il pensiero, cambiare mente. E lo dobbiamo fare tutti se vogliamo affrontare i drammi che stiamo vivendo sennò andremo dritti nell’abisso. Ragionando puoi sperare in un “cambiamento di mente” e quindi di politiche in grado di affrontare le tragedie che stiamo vivendo. Ma ragionando puoi anche dire no, non ce la faremo e la catastrofe è inevitabile. Perché siamo a questo punto. Ma con Pierluigi si parlava di questo già anni prima e stiamo andando verso questo bivio. O c’è questo scatto di coscienza e di misericordia oppure non riusciremo a superare queste contraddizioni. E qui c’è il dramma suo, di uomo di Chiesa, che ha un rilievo culturale generale immenso perché anche il non credente deve riconoscere come la storia, il destino dell’Europa si intreccia indissolubilmente con la cristianità. La storia e il destino dell’Europa non è concepibile senza la cristianità, in nessun aspetto, neanche in quello tecnico scientifico. Ma è una storia passata? Questo – ha concluso Cacciari – il cristiano Pierluigi lo sentiva con una drammaticità unica”.
Nell’intervista a don Luigi Ciotti, fatta da Paolo Mosanghini e proiettata durante il dialogo con Cacciari, il presidente e fondatore dell’associazione “Libera” ha sottolineato come don Pierluigi “è stato un amico vero, capace di vivere la sua dimensione sacerdotale nella dimensione di saldare la terra, con l’impegno per la giustizia, la libertà, la dignità, la pace, con il cielo. La vita, la strada, i poveri, gli ultimi è questo – ha detto – che ci ha legato profondamente insieme. E ci ha permesso veramente, nell’arco degli anni, di fare un tratto di strada molto intenso fatto di amicizie, di scambi, di confronto, di partecipazione, di riflessione, di preghiera per noi molto importante. In me ha lasciato, e continua a lasciare dentro, tracce profonde di umanità e saggezza che ha rappresentato, di relazioni molto profonde. È stato un amico e un punto di riferimento. Abbiamo sempre parlato dei temi della pace, dell’accoglienza delle persone, dei migranti, del problema della povertà. Il suo riconoscimento della intrinseca umanità nelle persone che incontrava: questo lui ha trasmesso sempre. È questo che ci ha profondamente unito, questa passione di mettere la persona al centro. Quella capacità, che ho condiviso con lui e con tanti altri sacerdoti del Friuli Venezia Giulia, di legare la parola di Dio con la storia, con la vita, con la concretezza, con i problemi reali delle persone. Perché è la parola di Dio quello che ci ha legato profondamente, una parola da ascoltare, da vivere, da fare nostra”.