Affermato il diritto di Martina Oppelli a una rivalutazione per accedere alla morte volontaria assistita
Il Tribunale di Trieste ha affermato il diritto di Martina Oppelli a ricevere, da parte di AsuGi, l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, una rivalutazione delle sue condizioni al fine di verificare se soddisfa o meno il requisito del trattamento di sostegno vitale indicato dalla Corte costituzionale con la ‘sentenza Cappato’ per poter accedere alla morte volontaria assistita.
AsuGi, infatti, aveva negato che Martina fosse dipendente da un trattamento di sostegno vitale, nonostante una corposa terapia – anche per il dolore – e il bisogno di assistenza continuativa per svolgere ogni attività. Senza l’assistenza di terze persone, Martina non può mangiare, bere, muoversi e neanche assumere i farmaci di cui ha bisogno.
Dopo otto mesi dal diniego di AsuGi è dovuto intervenire il Tribunale di Trieste affinché si proceda a una nuova verifica delle condizioni di Martina che, nel frattempo, sono peggiorate.
Assistenza continuativa di terze persone
“Karl Kraus scriveva ‘Chi ha qualcosa da dire? Faccia un passo avanti e taccia’. Io quel passo non posso più farlo, dunque parlo”, dichiara Martina Oppelli. “La decisione del Tribunale di Trieste denota grande sensibilità di chi ha saputo riconoscere il dolore in una creatura che, nonostante tutto, conserva sempre il sorriso sul viso. Ora vorrei che questo mio piccolo movimento immobile scuotesse le coscienze di chi ha la capacità e il potere di aprire varchi legali in muri che sembrano invalicabili“.
“Il Tribunale di Trieste è dovuto intervenire nuovamente, dopo il caso di ‘Anna’, nei confronti della AsuGi che ha negato l’accesso alla morte volontaria medicalmente assistita a Martina perché ha ritenuto che non fosse tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e anche successivamente ha ritenuto di non dover effettuare nuove verifiche”, spiega l’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, difensore e coordinatrice del collegio di studio e difesa che, con Francesca Re, Angioletto Calandrini e Alessia Cicatelli, assiste la paziente.
“Martina ha bisogno di assumere una dose massiccia di farmaci ogni giorno per poter alleviare, seppur di poco, le proprie sofferenze che sono intollerabili. Utilizza la ‘macchina della tosse’ per la presenza di secrezioni bronchiali che compromettono la respirazione. Dipende in tutto e per tutto dagli altri, senza la cui assistenza non potrebbe svolgere nessuna attività e funzione vitale”, continua Gallo.
“Nel nostro ricorso abbiamo evidenziato come, nel caso di ‘Anna’, AsuGi, dopo la condanna del Tribunale, avesse ravvisato nell’assistenza continuativa di terze persone il requisito del sostegno vitale, mentre per Martina negava questa lettura. Situazioni simili, ma decisioni diametralmente opposte. L’intervento del Tribunale, con l’ordinanza che ha condannato AsuGi a una nuova valutazione delle sue condizioni, fa emergere che il diniego dell’azienda sanitaria a sottoporre Martina a nuove verifiche non tiene conto che la sclerosi multipla è una malattia progressiva, che cioè si evolve nel tempo“.
Nuove verifiche entro 30 giorni
“Rispetto al periodo in cui il primo accertamento è stato compiuto – prosegue Gallo – sono decorsi circa otto mesi e la ricorrente ha allegato e dimostrato, con documenti depositati in corso di causa, che la sua situazione di salute è peggiorata’. AsuGi ha da oggi 30 giorni di tempo per effettuare queste verifiche, trascorsi i quali dovrà pagare 500 euro a Martina per ogni giorno di ritardo oltre al pagamento delle spese di giudizio“.
“Poche settimane fa il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia si era rifiutato di garantire tempi e procedure certi alle persone malate che chiedono di accedere al suicidio medicalmente assistito. Ed è di nuovo il Tribunale di Trieste che ha indicato un tempo massimo alla sanità regionale per procedere alla rivalutazione delle condizioni di Martina: 30 giorni. Gli stessi che aveva indicato, sempre ad AsuGi, lo scorso anno, per la valutazione delle condizioni di ‘Anna’. La politica di palazzo decide, quindi, di non garantire tempi certi alle persone che soffrono e che si vedono così costrette a ricorrere ai tribunali, che però indicano tempi certi e tassativi, oppure l’azienda sanitaria è condannata al pagamento di 500 euro per ogni suo giorno di ritardo. Ancora una volta sono quindi i giudici a doversi sostituire all’inerzia della politica”, dichiara Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.
‘La mancanza di una legge aumenta lo strazio’
“Chi non vuole una legge o non vuole attuare pienamente la legge che già c’è come la L. 219 del 2017 sulle DAT si assume pesanti responsabilità, deve sapere che il vuoto normativo aumenta lo strazio di persone che chiedono rispetto e dignità. Il ripetersi di situazioni come quella di Martina Oppelli è il segno che siamo di fronte a una vera e propria questione sociale oltre che umana, e a una sordità della politica che non trova scuse. Non si può continuare a ottenere diritti ‘caso per caso’ nei tribunali con lotte di avvocati“, dichiara la deputata del Pd Debora Serracchiani, che lo scorso anno ha depositato una proposta di legge su ‘Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita‘.
Per la parlamentare dem “gridano allo scandalo gli appelli caduti sempre nel vuoto dei presidenti della Consulta, che dal 2019 chiedono al Parlamento di colmare un vuoto normativo ormai insopportabile. Lo stesso muro che è stato alzato – aggiunge Serracchiani – anche dal Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, una regione che pure ha conosciuto stagioni più consapevoli dei diritti civili”.