I timori degli ambientalisti per il Giro sul Lussari.
Ormai il conto alla rovescia è praticamente esaurito: domani 27 maggio, il Giro d’Italia farà tappa sul Monte Lussari, ma gli ambientalisti non rinunciano alla loro battaglia e dopo aver più volte sollevato i loro dubbi, hanno deciso di inviare una lettera a Prefetto e Soprintendenza, per segnalare alcune criticità, sottolineando che l’area, fin dal 1956 è stata riconosciuta come ambito di “notevole interesse pubblico”, grazie ad un Decreto del Ministero della Pubblica Istruzione.
“Adesso, però, ci sarebbero delle importanti novità ed i presidenti regionali di Italia Nostra, Legambiente e WWF – spiegano in una nota -, hanno deciso di scrivere al Prefetto di Udine e alla Soprintendenza. Oltre ai forti dubbi sull’opportunità di utilizzare risorse della Protezione Civile e addirittura del Fondo Vaia (dove non sono caduti alberi!) per cementificare i circa 8 chilometri della strada che sale dalla Val Saisera, tre sono, in sostanza, gli aspetti critici sui quali viene richiesto un accertamento”.
Le tre criticità sollevate dagli ambientalisti per la tappa sul Lussari.
Il primo punto riguarda la gestione dell’evento “in spazi oltremodo limitati e quasi privi di aree pianeggianti. Tremila sono i biglietti della funivia venduti agli appassionati, a questo numero vanno aggiunti i 700 addetti al servizio d’ordine e all’organizzazione e tutti coloro che saliranno a piedi od in mountain-bike. Il Comune di Tarvisio ha predisposto una ventina di parcheggi per complessivi dodicimila posti auto. Dove si sistemerà tutta questa gente? Dove si metteranno e come si porteranno i necessari gabinetti chimici, il palco, eventuali tribune, l’assistenza sanitaria, i servizi per i ciclisti, le transenne con gli striscioni pubblicitari? E quale immagine daranno dell’incantato Borgo del Lussari che si vuol pubblicizzare?”
Il secondo punto sollevato è quello della sicurezza e la regolarità della corsa: “La tappa dovrebbe svolgersi con qualsiasi condizione atmosferica, ma la cementificazione del fondo stradale e l’aver coperto oltre una novantina di canalette di scarico delle acque meteoriche ed eliminato alcuni guadi, al solo scopo di agevolare il passaggio delle sofisticate biciclette dei campioni, rischia, in caso di pioggia, di far defluire lungo l’itinerario una grande quantità d’acqua, unita ai detriti scaricati dai ripidi versanti”.
“Infine, l’aspetto forse più delicato. Nella esasperata ricerca di “sensazionalismo” e di toccare luoghi inediti, pare che i fautori della tappa si siano dimenticati di osservare le disposizioni del Piano Paesaggistico Regionale, che vieta di asfaltare ed allargare strade nell’area vincolata e quelle della stessa Soprintendenza che avrebbe autorizzato solo la pavimentazione con un materiale ecologico e drenante, di cui sembra, non ci sia traccia”.