L’assessore Riccardi spiega le ragioni della chiusura del Punto nascita di San Vito al Tagliamento.
“Nascere a San Vito non è più sicuro. Alla politica spetta stabilire se seguire le indicazioni dei medici o pensare di sostituirli. Noi seguiamo i primi, l’esperienza dei gettonisti nel punto nascita di San Vito al Tagliamento si è dimostrata inefficace e va terminata. Siamo arrivati ad un punto dove sarà necessario intervenire; questo probabilmente non riguarderà una struttura o una disciplina ma l’intero assetto del sistema. Per rispondere alle nuove esigenze della nostra società, al Friuli Venezia Giulia non serve una nuova riforma ma la riprogrammazione dell’esistente. Pertanto lavoreremo alla realizzazione di un nuovo progetto sul quale la politica potrà misurarsi, facendoci accompagnare nella sua elaborazione dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), chiedendo inoltre la collaborazione di alcuni esponenti di riconosciuto rilievo della sanità regionale”.
Lo ha detto l’assessore regionale alla Salute Riccardo Riccardi rispondendo in Aula ad una interrogazione riguardante il punto nascita di San Vito al Tagliamento. L’esponente dell’esecutivo Fedriga, nel suo intervento, ha dapprima messo in luce alcuni passaggi evidenziati da una lettera del primario del reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale della provincia pordenonese, dal quale emerge la necessità di riorganizzare il punto nascite di San Vito in attesa che vi sia nuovamente un numero sufficiente di medici per sostenere l’attività del reparto.
“Di fronte a dichiarazioni tecniche precise e inconfutabili compiute dal primario – ha detto Riccardi nel suo intervento – constato che si mette di nuovo in atto uno scontro di parte, che sfocia nelle minacce ai medici che sostengono la necessità di queste decisioni, professionisti ai quali ho espresso la mia solidarietà. Toni ed esternazioni di questi giorni creano solo tensioni e non aiutano invece a trovare la soluzione ad un problema oggettivo, ossia la riduzione delle nascite e al contempo l’assenza di medici che possano garantire la sicurezza di mamme e bambini “.
Nella risposta all’interrogazione, Riccardi ha poi ricordato come da tempo sia in atto la ricerca di personale per garantire servizi efficienti. “Le strutture sanitarie con più casi assicurano l’attrazione dei professionisti e le maggiori garanzie di sicurezza per il paziente, consentendo alle aziende un’organizzazione delle presenze del personale sicuramente molto più efficace. A tal proposito solo pochi giorni fa, grazie ad un concorso, Asfo ha assicurato l’assunzione di due nuovi professionisti: questi hanno scelto di lavorare a Pordenone perché se fossero stati destinati a San Vito non avrebbero accettato l’incarico. Sempre sul fronte del personale, si è ricorso nel tempo all’utilizzo dei gettonisti, scelta che si è rivelata sbagliata; come in altre situazioni, in assenza di personale disponibile, si sono percorse tutte le strade possibili per tenere aperti i servizi. Ma questa esperienza dimostra che non funziona e quindi va chiusa”.
Guardando poi ad un orizzonte temporale di lungo periodo e ad una necessità di riprogrammare l’esistente, l’assessore regionale ha ricordato come “l’organizzazione del nostro servizio sanitario non è più solo un problema di soldi e personale. Di questi temi se ne parla da decine di anni, dal momento che stiamo ancora discutendo dei contenuti di una legge regionale del 1995. La vera questione è se si vuole governare il problema decidendo una volta per tutte ciò che va fatto veramente o lasciare tutto nell’indecisione o alla scelta della “piazza”, sapendo già come andrebbe a finire”.
“Pertanto – ha concluso Riccardi – ci troviamo davanti a un bivio; nel compiere una scelta, non servono nuove riforme ma una riprogrammazione dell’esistente, in cui si tenga conto delle criticità che la pandemia ha esposto in maniera evidente. Su questo – ha assicurato l’assessore – ci stiamo già lavorando, a partire dalla decisione avvenuta mesi fa, di farci accompagnare in questo percorso da Agenas. Inoltre chiederemo anche la collaborazione di alcuni esponenti riconosciuti e di rilievo della sanità regionale. In questo modo elaboreremo un progetto sul quale misurarsi; quello sarà il momento in cui capiremo la vera volontà di fare quel che serve o lasciare che – inevitabilmente – i servizi continuino a costare di più e ‘rispondere’ di meno”.