La bidella aveva detto di avere due diplomi per questo venne assunta in due scuole friulane.
Aveva ottenuto il posto statale sì, ma grazie a due diplomi falsi e per questo è stata condannata. Caterina Bruzzaniti si era spostata al nord da Africo, in provincia di Reggio Calabria. Lo aveva fatto per trovare lavoro come bidella nella scuola pubblica, esattamente come altre sue colleghe e colleghi e come fanno allo stesso modo molti insegnanti precari. E il lavoro lo aveva trovato. Dal 2017 ha infatti prestato servizio in due istituti del Friuli: il comprensivo di San Pietro al Natisone e Rivignano Teor. Una storia di sacrifici come tante altre, a esclusione del fatto che la giovane donna quei due diplomi – presentati per avere il posto a tempo determinato – non li aveva mai eseguiti.
Per questo ha dovuto affrontare un procedimento per falso e truffa aggravata ai danni di un ente pubblico. Si è occupato del caso il giudice monocratico di Udine, Paolo Milocco, davanti al quale si è svolta l’udienza. La condanna è di 1 anno e 8 mesi di reclusione, sospesi con la condizionale. Per l’accusa gli anni inflitti avrebbero dovuto essere 2, mentre la difesa aveva concluso per l’assoluzione. Il danno allo Stato sarebbe di un totale di 5.496 euro. Una cifra pari alle buste paga intascate dall’imputata nel periodo in cui ha prestato servizio nelle due scuole friulane (da novembre 2018 fino a giugno 2019, poi da settembre 2019 fino a giugno 2020). Una somma per la quale il giudice ha disposto la confisca.
Le indagini sono state condotte dai carabinieri di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno. Erano partite dalle verifiche eseguite sui registri dell’istituto Passarelli di Castellabate (Salerno). Qui la collaboratrice scolastica aveva dichiarato di avere conseguito la qualifica professionale per operatore dei servizi della ristorazione e, in aggiunta, un secondo diploma. Ma, in realtà, non si era mai iscritta.
Secondo la difesa il giudizio è stato troppo affrettato.
L’avvocato della difesa Cesare Tapparo ha detto di essere «perplesso» per la velocità con cui si è arrivati al giudizio, giunto a meno di tre settimane dall’udienza filtro, cioè quella in cui si chiede il rinvio a giudizio. Inoltre l’accusa contesta che il giudizio sia arrivato “dopo avere sentito tre testi della pubblica accusa, ossia due dirigenti scolastiche e un carabiniere, che si sono limitati a riferire fatti precedentemente accertati da loro colleghi”.