Pordenone saluta Savina Mirella Cereser, testimone della storia cittadina

Si è spenta a 99 anni Savina Mirella Cereser.

Giovedì 14 novembre Pordenone darà l’estremo saluto a Savina Mirella Cereser, una delle ultime pordenonesi doc, nata nel 1925 e deceduta domenica scorsa all’età di 99 anni. Le esequie saranno celebrate alle 15 nel Duomo Concattedrale di San Marco.

Se ne va con lei un pezzo di storia imperniata sull’antica area di piazza San Marco, dove la famiglia aveva gestito fino agli anni Cinquanta un panificio già proprietà di un‘altra nota famiglia pordenonese, quella dei Baschiera. Lì era infatti nata ed era vissuta per trent’anni, assieme a papà Tiziano, a mamma Teresa e alla sorella maggiore Elda, deceduta una ventina d’anni fa, madre di Enzo Moro, che vive a Milano dove è stato per molti anni comproprietario della casa editrice Il Minotauro.

Savina Cereser, che voleva farsi chiamare soltanto con il secondo nome, Mirella, ha una storia di forte attaccamento alla città, ad alcuni eventi storici più significativi e a una cultura di emancipazione femminile che va decisamente considerata d’avanguardia per il modo e i tempi nei quali lei l’aveva adottata come stile di vita. È stata sempre una single, nell’accezione moderna del termine, dedita al lavoro, agli interessi culturali e alla ricerca di conoscenza del mondo attraverso i viaggi. Fino agli ultimi giorni della sua vita ha mantenuto questo atteggiamento di grande apertura.

Entrata a 18 anni, come centralinista dell’azienda che lei amava definire semplicemente “dei telefoni”, era nel campanile di San Marco, il 28 dicembre 1944, quando Pordenone subì uno dei bombardamenti aerei più massicci. Nell’antico edificio emblema della città era stata trasferita per sicurezza una parte della centrale telefonica di corso Vittorio Emanuele.

In quella sede di emergenza, dove era stato ricavato anche un rifugio antiaereo per la popolazione, era di servizio con un’altra giovane centralinista quando le bombe degli aerei angloamericani, sganciate per colpire il ponte di Adamo ed Eva, finirono invece sul vicino centro storico, provocando distruzioni e lutti che cambiarono profondamente per sempre l’area attorno a piazza San Marco, una delle parti storicamente più popolose e operose della città. Lei e la collega furono tra le prime testimoni di quello scempio.

Lavorò all’azienda telefonica, poi divenuta Sip e successivamente Telecom, anche nella sede di via Cesare Battisti. Questa continuità accentuò il suo affetto verso la sua città: avrebbe voluto ritornare nel suo vecchio borgo, ma infine scelse piazzale Enea Ellero, nel palazzo costruito al posto del complesso edilizio dei Toffolon, altra famiglia storica cittadina. Il suo legame con piazza San Marco non è mai venuto meno: spesso, anche da anziana, amava intrattenersi nei luoghi a lei cari con gli ultimi conoscenti. Pur viaggiando in molti Paesi diceva che Pordenone era la città più bella del mondo.

Anche in età molto avanzata partecipava alla vita sociale e culturale con grande interesse, da sola o in compagnia fino all’ultimo, quando una caduta improvvisa, nel settembre scorso, le ha prodotto la frattura a un femore, dalla quale non si è più ripresa.

Tracciando il suo profilo, suo nipote Enzo Moro dice di lei: “Per essere una donna non sposata nata negli anni ’20, era estremamente dinamica ed evoluta. Acquistava regolarmente i quotidiani di economia e, in epoche in cui internet non esisteva, era capace di intuire l’andamento dei mercati finanziari. Giocando in borsa era riuscita in buona parte a finanziare l’acquisto della sua casa. Era conosciuta e amata da tanti a Pordenone. Per questo ho fortemente voluto che il suo “ultimo viaggio” avvenisse nella chiesa di San Marco, dove è stata battezzata; insomma ho pensato che le avrebbe fatto piacere che la sua vita terrena finisse esattamente dove 99 anni fa è iniziata!”. ‘