Dal 5 al 12 ottobre, il Teatro Verdi di Pordenone ospita l’evento dedicato ai film dei primi del ‘900
Tornano puntuali, come ogni anno il primo sabato di ottobre, le Giornate del Cinema Muto di Pordenone, un appuntamento imprescindibile per gli appassionati di cinema. Dal 5 al 12 ottobre il Teatro Verdi diventa il luogo in cui si rinnova la meraviglia della visione di film dei primi decenni del secolo scorso, in copie restaurate provenienti da archivi e cineteche di tutto il mondo.
Ad accrescere il fascino e l’attrattiva del festival diretto da Jay Weissberg, tutte le proiezioni sono accompagnate da un commento musicale eseguito dal vivo da singoli pianisti, gruppi e negli eventi di apertura e chiusura da orchestra. Grazie alla collaborazione con MYmovies, anche quest’anno le Giornate saranno in streaming con una selezione di film accompagnati dai pianisti del festival.
La pre-apertura a Sacile
È tradizione che l’evento di pre-apertura, venerdì 4 ottobre, avvenga a Sacile, in ricordo dell’ospitalità data da questa città negli anni in cui il festival si trasferì da Pordenone per i lavori di restauro del Verdi. Il film scelto quest’anno per la proiezione al Teatro Zancanaro, che viene replicata al Verdi di Pordenone giovedì 10 ottobre, è una commedia brillante interpretata da Harold Lloyd, Girl Shy (Le donne… che terrore), del 1924, diretta da Fred Newmeyer e Sam Taylor, che viene presentata con un nuovo accompagnamento musicale composto dal giovane musicista olandese Daan van den Hurk e affidato alla pordenonese Zerorchestra.
Nel segno del Western
Gli eventi principali, che aprono e chiudono la 43a edizione delle Giornate, sono all’insegna del western, il genere identificativo del cinema e della cultura degli Stati Uniti nel Novecento. Dicendo western diciamo John Ford, ed è lui infatti il regista di 3 Bad Men (I tre birbanti), del 1926, il suo ultimo western muto, in programma sabato 5 ottobre al Teatro Verdi di Pordenone; sarà Timothy Brock a dirigere, nell’esecuzione della sua partitura, l’Orchestra da Camera di Pordenone.
Il western scelto per la chiusura di sabato 12 ottobre (replica pomeridiana domenica 13) è The Winning of Barbara Worth (Sabbie ardenti, 1926) diretto da Henry King, che vede accanto ai protagonisti Vilma Bánky e Ronald Colman, nel suo primo ruolo importante, Gary Cooper. Le Giornate hanno commissionato a Neil Brand una nuova partitura musicale che sarà eseguita in anteprima dall’Orchestra da Camera di Pordenone diretta da Ben Palmer.
L’evento musicale di mercoledì 9 ottobre è il film francese La Sultane de l’amour (La sultana dell’amore, 1919), regia di Charles Burguet e René Le Somptier, presentato con accompagnamento speciale.
Le retrospettive
L’attenzione delle Giornate è rivolta non solo alle cinematografie americana ed europea ma anche a quelle di realtà meno conosciute e non per questo meno interessanti. Il focus di quest’anno è puntato sull’Uzbekistan e sull’America Latina, quest’ultima rassegna curata da Paolo Tosini, che ha compilato un programma di 25 titoli provenienti da 16 archivi di 10 nazioni diverse: Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Cuba, Ecuador, Messico, Perù, Paraguay e Uruguay.
La rassegna sul cinema dell’Uzbekistan, organizzata dal National Film Fund dell’Uzbekistan con la collaborazione dell’Uzbekistan Art and Culture Development Foundation (Fondazione per lo sviluppo dell’arte e della cultura dell’Uzbekistan), mette in evidenza il contrasto fra una società ancorata a tradizioni secolari di origine religiosa e lo sforzo del nuovo regime sovietico di spazzar via tutto ciò che veniva considerato reazionario e ostacolo alla costruzione del nuovo ordine sociale. La retrospettiva delle Giornate, con le rare immagini dell’ultimo Khan di Khiva, testimonia anche che il cinema in Uzbekistan era arrivato prima dell’annessione all’Unione Sovietica e le cronache riportano notizia che le prime proiezioni avvennero a Tashkent poche settimane dopo quella parigina dei fratelli Lumière.
Omaggio a Puccini
Un altro punto forte dell’edizione 2024 è l’omaggio a Giacomo Puccini, nel centenario della morte, con la proiezione de La Bohème di King Vidor, del 1926, con Lillian Gish eccellente interprete di Mimì. Le scenografie di questa Bohème sono di Arnold Gillespie e Cedric Gibbons ma vi collaborò – seppur non accreditato – Ben Carré, e questo ci rimanda a un’altra sezione del programma.
La rassegna dedicata a Ben Carré, curata da Thomas A. Walsh (vincitore nel 1999 di un Emmy Award per le scenografie della serie Buddy Farro e candidato nel 2005 e 2006 per Desperate Housewives, serie trasmessa con successo anche in Italia), propone una dozzina di film e copre un arco di tempo dal 1907 al 1930.
Anna May Wong, la prima star
Restando ai grandi personaggi, spicca nel programma del festival anche il nome di Anna May Wong, la prima star cino-americana di Hollywood. Nel cinema americano asiatici, neri, indiani e latini all’epoca erano relegati a ruoli marginali, spesso negativi, e Wong dovette lottare molto per imporsi, spesso ottenendo meno di quanto il suo fascino e la sua bravura avrebbero meritato. Dalla fine degli anni Venti, per un decennio la sua carriera si divise tra Europa (Francia e Germania) e Stati Uniti, proseguendo nel cinema sonoro (la sua ultima apparizione cinematografica è del 1960 e nel corso degli anni Cinquanta frequentò anche la televisione). Negli ultimi anni è entrata nella cultura popolare con la Barbie da collezione a lei dedicata e il suo volto appare su oltre 300 milioni di monete di un quarto di dollaro: un doveroso, seppur tardivo, riconoscimento del suo status di attrice americana a pieno titolo.
La selezione del Canone
Tra i classici proposti nella sezione del Canone, spiccano i nomi di alcuni grandi maestri. Come il danese Carl Theodor Dreyer con Pagine dal libro di Satana del 1921, sua seconda regia, una produzione estremamente ambiziosa e costosa divisa in quattro capitoli corrispondenti ad altrettanti periodi storici.
Con Three Women (Tre donne), del 1924, si torna alla grande commedia di Ernst Lubitsch con un formidabile trio di attrici: Pauline Frederick, May McAvoy e Marie Prevost. Restando nell’ambito della commedia, ecco un altro maestro di Hollywood, Cecil B. DeMille, il cui nome è generalmente associato a grandi kolossal, con Chimmie Fadden Out West, del 1915.
Gli altri film del Canone sono Raskolnikov (1923), un adattamento di Delitto e castigo firmato dal regista tedesco Robert Wiene che rilegge in chiave espressionista il romanzo di Dostoevskij. La partitura originale del film è opera di Richard Siedhoff che a Pordenone ne eseguirà dal vivo la versione per pianoforte.
Con Sorok Pervyi (L’isola della morte, URSS 1926) si torna a porre attenzione sull’opera di Yakov Protazanov, vero anello di congiunzione tra il periodo prerivoluzionario e quello sovietico. E infine il cinema italiano, che è presente nel Canone con Rapsodia satanica, concepito nel 1915 ma a causa dell’entrata in guerra dell’Italia uscito nelle sale nel 1917. Il film di Nino Oxilia si inserisce nel filone del cinema d’arte, punto d’incontro tra poesia, arti plastiche e musica, quest’ultima commissionata all’epoca a Pietro Mascagni. Rapsodia satanica è passato alla storia anche per l’interpretazione di Lyda Borelli che dà vita sullo schermo a un ideale di femminilità liberty e dannunziana.
Il Medioriente
Com’è accaduto più volte nelle precedenti edizioni del festival, molto spesso guardando le immagini del passato si innestano imprevisti cortocircuiti con il presente e nei temi e nelle storie raccontate dal cinema muto troviamo sorprendenti analogie che stupiscono o fanno riflettere. È sicuramente il caso del film The Land of Promise, del 1924, che inevitabilmente ci porta sullo scenario della tragedia in corso in Medio Oriente. Il regista è Ya’acov Ben Dov, nato in Ucraina e emigrato in Palestina nel 1907, esponente del movimento sionista che si prefiggeva di dare una terra al popolo ebreo. Grazie all’eccezionale restauro dell’archivio di Praga che valorizza la bellezza visiva del film con gli affascinanti colori per imbibizione riprodotti dalla copia originale in nitrato del Museo Ebraico di Praga, siamo in grado di apprezzare i meriti artistici di Ben Dov ma anche di considerare quanto questo progetto rischi di sconfinare nella propaganda.
Dalla Cineteca del Friuli, organizzatrice con Cinemazero delle Giornate del Cinema Muto, proviene e viene presentato in prima mondiale il restauro di The Perl of the Ruins, un piccolo film del 1921 probabilmente commissionato dal Lloyd Triestino per scopi promozionali. La trama è piuttosto insignificante; l’aspetto interessante è l’ambientazione con i palazzi, le strade, le piazze di Trieste, i cantieri e le navi della compagnia di navigazione, che fanno dimenticare rapidamente l’intreccio della storia per concentrarsi sul lato documentaristico. Il restauro è stato realizzato in collaborazione con l’Archivio Vitrotti.
Da Trieste alla Sicilia
Da Trieste ci si sposta all’estremo sud dell’Italia, in Sicilia, con una rassegna curata da Elena Beltrami della Cineteca del Friuli e Gabriele Perrone del Museo del Cinema di Torino che inaugura un progetto pluriennale dedicato alle regioni italiane. Grazie alla collaborazione di altri archivi italiani, europei e sudamericani, i curatori hanno costruito un ampio programma di “dal vero” suddiviso per temi: paesaggio; arti, mestieri e attualità; vulcano, terremoto e tempeste (da ricordare le storiche riprese di Luca Comerio pochi giorni dopo il terremoto di Messina del 1908).
Le Giornate del Cinema Muto sono realizzate grazie al sostegno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, del Comune di Pordenone, della Camera di Commercio Pordenone-Udine e della Fondazione Friuli.