Soldi al capocantiere e violenze, le indagini sul caporalato a Monfalcone

L’indagine sul caporalato nei cantieri di Monfalcone.

L’attività di indagine compiuta dal Nucleo operativo e Radiomobile della Compagnia carabinieri di Monfalcone unitamente ai militari del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Gorizia e diretta dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Gorizia Ilaria Iozzi ha consentito di disvelare le condotte criminose dei tre arrestati che, nella loro  qualità di “capocantiere”, con la minaccia si facevano restituire una parte dello stipendio percepito in busta paga dai lavoratori, quasi tutti extracomunitari di nazionalità bengalese.

In particolare, si è potuto accertare che altri due indagati, di origine bengalese, erano incaricati delle riscossioni del denaro presso i lavoratori connazionali, che poi conferivano agli arrestati. Nel caso in cui un lavoratore si fosse rifiutato di restituire mensilmente parte del denaro in contante percepito in busta paga (che formalmente risultava corretta), entravano in gioco gli arrestati, che minacciavano i lavoratori mediante violenza fisica e verbale o anche prospettando loro la riduzione dell’orario di lavoro, il licenziamento o il mancato rinnovo del contratto di lavoro.

Le somme sottratte alle vittime si attestavano nel 15% circa dell’importo complessivo percepito in busta paga e, per l’assunzione di un lavoratore, veniva corrisposta ai due “capocantiere” una somma variabile tra i 700 ed i 1.000 euro. In alcuni casi, poi, veniva addirittura richiesto il pagamento di 50 euro al mese per l’utilizzo degli armadietti necessari agli operai per cambiarsi d’abito all’inizio e al termine del turno di lavoro. Ai lavoratori extracomunitari è stata estorta anche gran parte della somma percepita con la cassa integrazione nel periodo di lockdown nei mesi di marzo e aprile 2020.