La situazione del porto di Monfalcone.
“Non possiamo svenderci a tedeschi, ungheresi o cinesi, ma dobbiamo invece essere noi a pianificare uno sviluppo sostenibile del territorio. Le Istituzioni del Friuli Venezia Giulia stanno assistendo passivamente a una svendita delle infrastrutture più importanti, come le aree portuali di Monfalcone, lasciando allo Stato ogni decisione. In questo pericoloso gioco di delegare tutto a Roma, infatti, c’è in ballo la nostra autonomia”.
Lo afferma in una nota il capogruppo di Forza Italia in Consiglio regionale, Giuseppe Nicoli, commentando “il trasferimento dei beni dell’Azienda speciale per il porto di Monfalcone all’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico orientale”. Nicoli rinnova, perciò, il suo appello al territorio regionale affinché vengano respinte “le pericolose manovre, che si profilano all’orizzonte, tese a depotenziare l’autonomia e la specialità della Regione Fvg“. Il riferimento è rivolto “non solo all’acquisizione del porto monfalconese, ma anche al destino della fusione tra i Consorzi di sviluppo economico di Gorizia e Monfalcone (positiva, ma da monitorare) e alle scelte strategiche sul porto di Trieste, tra le quali l’ingresso di Hhla in Piattaforma logistica Trieste, gli accordi sulla Via della seta cinese e, in generale, tutte le questioni che vedono come primo decisore l’Autorità di sistema portuale”.
“Mettere a sistema gli scali portuali della regione è di primaria importanza e non sempre la concorrenza o la competizione intestina sono funzionali alla crescita del territorio. Ciò si sta profilando tra molo VII e VIII a Trieste, mentre lo scalo di Monfalcone sta morendo: tutto per la gioia di Capodistria. Continuiamo ad assistere al mancato completamento del molo VII, ma anche ai ritardi sull’approfondimento del canale di accesso al porto di Monfalcone. Ritardi imperdonabili che testimoniano – osserva ancora il consigliere Nicoli – come la musica non sia cambiata anche dopo la creazione dell’Autorità, poiché l’organismo sembra curare unicamente operazioni geopolitiche ed economiche, invece di far decollare le opere”.