Famiglia “prigioniera” a casa da quasi un mese per la quarantena del Covid, il caso a Monfalcone

La famiglia reclusa in casa per la quarantena legata al Covid.

A Monfalcone un’intera famiglia è tenuta in quarantena, quindi “reclusa” in casa dal 6 dicembre. Lo segnala Walter Zalukar, consigliere regionale del Gruppo Misto, che rimarca come il nucleo familiare abbia “chiesto ripetutamente aiuto per uscire da una situazione a dir poco grottesca, visto che non si riesce ad interloquire decentemente con Asugi”.

Come procede la situazione lo racconta uno dei diretti interessati. “Il 6 dicembre sono il risultato positivo al tampone in farmacia – svela il signor G.B. – e mi hanno detto di stare a casa in quarantena assieme a mia moglie ed ai miei due figli… da allora nessuno di Asugi ci ha contattati, nonostante telefonate, pec e mail inviate“. L’uomo prosegue nel ripercorrere la vicenda. “Il 13 ho fatto il tampone molecolare a Trieste risultando negativo, il 14 l’hanno fatto mio figlio (negativo), mia moglie e mia figlia (positive) e già qui sorvoliamo perché stiamo tutti bene. Ci hanno prolungato la quarantena fino al 3 gennaio se al tampone che avremmo dovuto fare il 27, qualcuno sarebbe stato trovato positivo. Il punto è che nessuno ci ha chiamati per darci l’appuntamento per il tampone e onestamente visto i tempi che hanno, potrò mai tornare al lavoro?“.

Molte le domande che si pone Zalukar. “Chi pagherà i danni per l’assenza dal lavoro? E per la reclusione la cui lunghezza sembra assai poco giustificata? Se a trasgredire le regole, cioè a uscire di casa,  fossero stati i malcapitati “reclusi” – ricorda – sarebbero stati inesorabilmente colpiti da sanzioni amministrative da 400 a 1.000 euro o anche penali con l’arresto da 3 a 18 mesi e ammenda da  500 ad 5.000 euro”.

Non si tratterebbe, aggiunge il consigliere, di un caso isolato e “troppi cittadini risultano vittime di un sistema che sembra operativamente sempre più confuso e neppure si degna di comunicare in tempi e modi più consoni con gli utenti, che sono preoccupati per le situazioni di incertezza, talora di abbandono, in cui si trovano”.

Zalukar ha così deciso di portare il caso in Regione. “Ho interrogato  la Giunta – conclude – per sapere se non ritenga di dover impegnare Asugi ad adottare idonee misure per risolvere questi problemi, perché i diritti dei cittadini  non vengano calpestati e chi di dovere faccia il suo dovere. E qui parlo non degli operatori sul campo, essi stessi vittime, ma dei vertici responsabili”.