Il racconto di due ragazze friulane.
E’ iniziato il 21 giugno da alcune piattaforme social, l’aberrante e riprovevole tam tam che vede bullizzare, deridere, schernire le ragazze che non rispecchiano le forme fisiche da copertina.
Si chiama “Boiler Summer Cup”, ed è una challenge, letteralmente una sfida, che vede le ragazze in sovrappeso vittime di scommesse, mentre, a loro insaputa, vengono riprese con i cellulari. Alcuni gruppetti di ragazzi, accordatosi in precedenza, si recano nei luoghi di maggiore affluenza, individuano le ragazze più in carne, formose, robuste, e, per completare e vincere la sfida, devono fingere di sedurre le malcapitate, al solo fine di farne dei video virali, che poi verranno messi in rete, per ridicolizzare le loro vittime, come le chiamano loro, i “boiler”, letteralmente degli “scaldabagno”.
C’è addirittura un punteggio al quale fare riferimento per decretare chi sarà il vincitore: chi riesce ad abbordare ragazze dagli 80 ai 90 kg acquisirà 1 punto, dai 90 ai 100 kg 2 punti, fino ad arrivare ad un massimo di 5 punti, per chi sarà in grado di avvicinare le ragazze oltre ai 130 kg. Purtroppo, come spesso accade tramite social, in grado sicuramente di unire, ma anche, come in questo caso, di distruggere, questa sfida è talmente diventata virale da prendere piede anche e soprattutto nelle località balneari, come Lignano.
A raccontarlo sono due ragazze friulane, che nel weekend avevano deciso di concedersi un po’ di svago, come tutte le loro amiche, in una località balneare che di certo non è carente in merito a locali, discoteche e feste. “Siamo arrivate a Lignano venerdì sera, assieme alla compagnia di amiche storiche” racconta una di loro. “In occasione del compleanno di una delle nostre amiche, abbiamo deciso di andare in un locale molto frequentato del posto, dato che quella sera ci sarebbe stato anche un’ospite”, racconta la ragazza. “Appena arrivate, vedendo già il locale parecchio affollato, siamo rimaste un po’ distanti, per aspettare che tutta quella folla si diluisse un po’, per poterci recare al bancone”, prosegue la ragazza.
“Cerco di non immergermi mai nella folla, perché sono una persona parecchio insicura, ho sempre la sensazione che le altre persone mi deridano”. A parlare è Martina, una ragazza molto giovane, che supera di poco il metro e sessanta, con una ventina, più o meno, di chili in più. “Il clima goliardico del locale, mi ha portato, dato che mi sono sentita sicura in compagnia delle mie amiche, a lasciarmi andare e quindi a ballare a ritmo di musica, come tutti facevano già da un po’”. Mai avrebbe immaginato che, di lì a poco, la sua autostima, già decisamente bassa, l’avrebbe portata a chiudersi a riccio, rovinandole così i successivi giorni che avrebbero dovuti essere di svago e spensieratezza.
“Mi si è avvicinato, ad un certo punto, un ragazzo con fare spavaldo, ed ha iniziato a ballare assieme a me. All’inizio non ci ho fatto caso, ma poi, la mia attenzione è stata catturata da un gruppetto di ragazzi, presumo suoi amici, che, ridacchiando, avevano il cellulare in mano, intenti a riprendere la scena”, la voce di Martina ora si fa nettamente più cupa. Si percepisce imbarazzo, quasi come se lei, la vittima, si sentisse in colpa per quanto accaduto.
“Mi sono immediatamente allontanata, a capo chino, mentre le lacrime non cessavano di rigare il mio volto”, prosegue. “Non so che fine ha fatto quel filmato che questo gruppo di bulli era intento a farmi e non lo voglio nemmeno sapere, perché mi farebbe troppo male rivedermi schernita e bulluzzata mentre non faccio nulla di male, se non divertirmi con le mie amiche”, conclude.
Martina è ritornata a casa da qualche giorno, assieme alle sue amiche che, di tutto hanno tentato pur di consolarla e farle dimenticare quel brutto episodio, con scarso successo. Inutili anche le rassicurazioni dei genitori della ragazza, che, nel vano tentativo di fare riacquistare un po’ di sicurezza alla propria figlia, vedono crollare anni di lotte contro bullismo e disturbi alimentari, che restano sempre tristemente al primo posto come principale causa di disagi e, nei casi più gravi, di atti estremi compiuti proprio dalle vittime, spesso non in grado di reggere il giudizio di alcune persone.