I dati sull’occupazione in Fvg.
Nel primo semestre 2022 il numero medio di occupati stimato dall’Istat in Friuli Venezia Giulia è pari a quasi 527.000 unità, 26.000 in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (+5,2%), quando l’economia era ancora negativamente condizionata dalle restrizioni introdotte per fronteggiare la pandemia. Anche nel confronto con i primi mesi del 2019, prima dell’emergenza Covid, si rileva una notevole crescita (+22.700 unità). Lo rende noto il ricercatore dell’Ires Alessandro Russo che ha rielaborato dati Istat.
La ripresa dell’occupazione in questa fase di superamento della crisi sanitaria ha riguardato esclusivamente il lavoro dipendente (+25.500 unità su base tendenziale), mentre quello autonomo è rimasto sostanzialmente stabile. I settori che hanno contribuito positivamente sono: l’industria (+8.200 occupati rispetto alla media del primo semestre 2021), commercio, alberghi e ristoranti (+6.600), altre attività dei servizi (+11.200). Il tasso di occupazione regionale (calcolato nella fascia di età compresa tra 15 e 64 anni) nel secondo trimestre di quest’anno ha superato il 70% (70,4%); a livello nazionale solo la provincia di Bolzano presenta un valore più elevato (74%). Se si considera la classe di età 20-64 anni il tasso di occupazione regionale è pari a 75,3% e per i maschi supera l’80% (69,1% per le femmine).
Diminuiscono i disoccupati e gli inattivi
Il numero di persone in cerca di occupazione, sempre nella media dei primi sei mesi del 2022, risulta pari a 28.400, in diminuzione di 2.700 unità rispetto allo stesso periodo del 2021. Il tasso di disoccupazione (15-74 anni) nel secondo trimestre di quest’anno si è attestato al 4,7% (5,3% per la componente femminile, 4,2% per i maschi). Rispetto allo scorso anno sono diminuite le persone inattive (-16.500 tra i 15 e i 64 anni, pari a -7,6%), ossia quelle che non lavorano e nemmeno sono attivamente alla ricerca di un nuovo impiego. Non bisogna infatti dimenticare che nella fase più acuta della crisi sanitaria era aumentata notevolmente l’inattività (più che la disoccupazione), per effetto dei maggiori carichi familiari (soprattutto per le donne con figli, a seguito della chiusura delle scuole), delle forti limitazioni agli spostamenti, del blocco dell’attività di molti settori produttivi, tutti fattori che rendevano difficile la ricerca di un lavoro.
Occorre comunque considerare che i dati positivi finora illustrati non registrano ancora le difficoltà e le incertezze per il futuro vissute negli ultimi mesi dalle imprese e dalle famiglie, a causa della crisi energetica e dell’inflazione.