Dopo la pandemia il lavoro domestico regolare è in calo.
Nel 2023 il numero di lavoratori domestici presenti negli archivi dell’Inps del Friuli Venezia Giulia, che si basano sui contributi previdenziali versati dai datori, ammontava a 19.735, in calo del 10% rispetto a due anni prima, quando erano oltre 2.200 in più. Lo rende noto il ricercatore dell’Ires Fvg Alessandro Russo che ha rielaborato dai Inps. Nel periodo pandemico, infatti, si è verificata uno sviluppo dell’occupazione regolare in questo settore per due motivi: in primo luogo il lockdown aveva reso necessaria l’instaurazione di contratti regolari per consentire alle persone di spostarsi liberamente per lavoro; successivamente è intervenuta la norma che ha previsto l’emersione di rapporti irregolari.
In Fvg prevalgono le badanti.
Nel confronto con dieci anni fa nella nostra regione si osserva comunque una crescita di circa 3.500 unità (+22% rispetto al 2014). Il processo di invecchiamento della popolazione, particolarmente marcato nella nostra regione, ha infatti determinato un’espansione della domanda di lavoro domestico (regolare o meno). Per quanto riguarda la tipologia di attività, nel 76% dei casi in Fvg si tratta di assistenza alle persone (svolta da “badanti”). Questa incidenza è sensibilmente cresciuta nel tempo (nel 2014 si attestava al 63,7% del totale dei lavoratori domestici), tanto che è la percentuale più elevata di badanti tra tutte le regioni. A livello nazionale si osserva, al contrario, una leggera prevalenza della tipologia delle “colf”, categoria che per l’Inps comprende le persone che si occupano della cura della casa (ma anche cuochi, maggiordomi e altro).
È aumentata la componente italiana.
Si tratta quasi esclusivamente di donne (sono il 95%), in maggioranza straniere (70%), anche se nell’ultimo decennio è cresciuta la componente italiana (dal 23,4% del 2014 al 30,4%, tra le colf supera il 45%). Un fattore che può aver contribuito a provocare tale dinamica è l’aumento delle acquisizioni della cittadinanza italiana, che si è verificato in misura consistente anche in Fvg. Il 31% delle lavoratrici domestiche ha più di 60 anni e nel tempo si osserva un significativo invecchiamento (nel 2014 erano meno del 15%). Si può infine notare come i rapporti di lavoro che prevedono un orario settimanale superiore alle 35 ore siano appannaggio quasi esclusivo delle donne straniere, maggiormente disponibili ad accettare le attività che comportano la convivenza con la persona assistita, anche perché non sempre in Italia hanno la famiglia o un’abitazione propria.
Le retribuzioni.
Le retribuzioni delle lavoratrici domestiche sono mediamente poco elevate, tanto che meno di un terzo (29,1% nel 2023, che sale al 34,9% tra le badanti) si colloca nella fascia superiore ai 12.000 euro annuali (lordi). La retribuzione cresce naturalmente in funzione delle ore lavorate; in genere percepiscono oltre 12.000 euro quelle lavoratrici che superano le 40 ore medie settimanali.
Le principali nazionalità.
Per quanto riguarda la specifica provenienza, nel 2022 oltre la metà delle lavoratrici domestiche straniere provenivano da tre Paesi: Romania (26,1%), Ucraina (19,5%) e Georgia (10,6%). I dati relativi alla nazionalità sono disponibili esclusivamente in base alla condizione lavorativa prevalente della persona nell’anno esaminato, pertanto il totale su cui sono calcolate le percentuali illustrate è un po’ più basso rispetto a quello rilevato in precedenza (12.849 unità nel 2022, ultimo dato disponibile). Nell’ultimo decennio si è osservato un netto incremento delle lavoratrici domestiche georgiane, che nel 2013 erano scarsamente presenti (contavano appena l’1,7% del totale). A livello locale si può notare che la Serbia è il Paese da cui proviene il maggior numero di lavoratrici domestiche nell’area giuliana (il 17,6%, in prevalenza rientrano tra le colf), mentre nell’ex provincia di Udine prevalgono le ucraine (24,2%).