I dati sulle assunzioni in Friuli Venezia Giulia.
Nel primo trimestre del 2024, in base ai dati forniti dall’Inps, il numero di assunzioni in Friuli Venezia Giulia nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli) è diminuito dello 0,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (appena 54 unità in meno).
In particolare, si rileva una flessione del numero di nuovi contratti di lavoro in somministrazione (-8,2%, pari a 613 assunzioni in meno) e a tempo indeterminato (-6,1%, che equivale a -408 unità), probabilmente dovuto a un rallentamento delle attività manifatturiere. Lo rende noto Alessandro Russo, ricercatore dell’Ires Fvg che ha rielaborato dati Inps. Tali variazioni negative, spiega Russo, sono compensate dagli incrementi di assunzioni di lavoratori stagionali (+24,1%, 599 in più) e con contratto intermittente (+10%, +383 assunzioni), tipicamente connesse al comparto turistico.
Le dinamiche territoriali
A livello territoriale, nelle ex province di Udine e Pordenone si osservano delle flessioni dei nuovi rapporti di lavoro attivati (rispettivamente -3,1% e -1,2%), mentre in quelle di Trieste (+3,1%) e Gorizia (+5,9%) le dinamiche sono di segno opposto.
I contratti stagionali crescono soprattutto nelle province di Udine (+24,4%) e Gorizia (+26,5), i rapporti di lavoro intermittente nella Destra Tagliamento (+12,4%) e nel territorio udinese (+18,1%). Le nuove assunzioni a tempo indeterminato diminuiscono principalmente nell’isontino (-13,1%) e nella provincia di Udine (-8,4%). Le assunzioni in somministrazione aumentano a Trieste (+19,2%) e a Gorizia (+26,1%), subiscono un calo a Pordenone (-7,3%) e soprattutto a Udine (-23,9%). L’area giuliana è l’unica in cui si registra un incremento delle assunzioni in apprendistato (+18,5%).
Le dimissioni dei lavoratori
Tra gennaio e marzo 2024 le cessazioni dei rapporti di lavoro sono leggermente aumentate (+1,9%). Le dimissioni dei lavoratori continuano a essere molto frequenti e costituiscono ancora la motivazione di gran lunga principale dell’interruzione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Nel 2014 le dimissioni davano conto di poco meno della metà di tutte le cessazioni a tempo indeterminato, a partire dal 2021 la loro incidenza supera stabilmente il 75% (nei primi tre mesi di quest’anno ha sfiorato l’80%). Le cessazioni di natura economica hanno un peso sempre minore, da quasi il 40% nel 2014 a valori vicini al 10% negli ultimi anni. Nel tempo è invece cresciuta l’incidenza dei licenziamenti disciplinari dei lavoratori a tempo indeterminato (dal 2,5% del totale nel 2014, all’attuale 5,9%).
La durata effettiva dei contratti
L’analisi della composizione percentuale dei contratti conclusi in base alla durata effettiva rende possibile una valutazione, seppure indiretta, del grado di “volatilità” dei rapporti di lavoro. A tale scopo è possibile utilizzare i dati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, a differenza di quelli dell’Inps, si riferiscono anche al settore Pubblico, a quello agricolo e al lavoro domestico. In base all’analisi di questi dati si può evidenziare che i contesti occupazionali delle regioni del Nord rivelano una dinamica delle cessazioni caratterizzata da una quota considerevole di rapporti di lunga durata, più del resto del Paese.
A conferma di ciò si osserva che le regioni con l’incidenza più elevata di rapporti cessati dopo almeno un anno dalla data di attivazione nel 2023 sono stati: il Piemonte (24,1%), la Lombardia (23,2%), il Veneto (22,8%) e il Friuli Venezia Giulia (20,3%, contro un valore medio nazionale pari al 16,5%). Nello specifico della nostra regione, inoltre, il 43% dei rapporti cessati nel 2023 si è concluso entro 3 mesi dall’attivazione (contro il 51% a livello nazionale), di cui il 25,6% entro 1 mese (34,4% in Italia) e il 7,1% entro 1 giorno (13,7% a livello nazionale; si tratta di contratti diffusi soprattutto nel mondo dello spettacolo, tanto che nel Lazio sono il 39,3% del totale).
Cresce il ricorso agli ammortizzatori sociali
Nel periodo gennaio-maggio 2024 sono state autorizzate quasi 7,5 milioni di ore di cassa integrazione, 1,8 in più nel confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente (+30,6%). Sono in aumento soprattutto le ore autorizzate nel territorio isontino, raddoppiate nel periodo in esame (+93,4%), sia per quanto riguarda gli interventi ordinari (in particolare nel settore del legno arredo), sia straordinari (nell’industria meccanica). Solo le ore di cassa integrazione straordinaria autorizzate in provincia di Udine registrano una variazione negativa rispetto alla prima parte del 2023 (-11,8%).