Con la cena a base di rénghe, un tempo si voleva dire che il carnevale era terminato e si entrava nella Quaresima, in attesa della Pasqua. Durante questo periodo, era obbligatorio mangiare magro e la lista delle cose da portare in tavola non lasciava grande scelta.
Era ammesso pesce fresco o salato, affumicato e marinato. Vero companatico della povera gente, era l’aringa, forte di sapore e di odore e soprattutto economica.
Le famiglie povere, il mercoledì delle ceneri (il giorno successivo al martedì grasso), entravano in periodo quaresimale e facevano una cena a base di polenta, sulla cui superficie veniva strofinata una aringa, per dare un po’ di sapore alla fetta di polenta.
L’aringa spesso veniva appesa con uno spago alle travi in legno del soffitto dell’abitazione e strofinata a turno dagli appartenenti alla famiglia sulla propria fetta di polenta.
Gli ingredienti.
- 3 filetti di aringa sotto sale
- 1 cipolla grande
- 1 bicchiere d’olio di semi di mais
- aceto balsamico
La ricetta.
Prendete i filetti di aringa e immergerli in acqua fredda per almeno 2 ore, cambiate l’acqua per 3 volte; nel frattempo, mettete metà quantità di olio in una teglia e fate appassire la cipolla tagliata a fettine sottili.
Passate le due ore, togliete l’aringa dall’acqua e asciugatela. In un’altra teglia, mettete l’olio rimasto, scottate velocemente i filetti di aringa da tutte e due le parti, facendo attenzione nel girarle che non si sbriciolino.
Togliete le aringhe dalla teglia, adagiatele su un piatto da portata e distribuite sopra la cipolla, irrorate con aceto balsamico a piacimento. L’ideale sarebbe accompagnarla con una fetta di polenta tenera.
Chi non gradisce il sapore dell’aceto balsamico, la può condire con la cipolla, carota grattugiata e prezzemolo.