Riaprire il punto di primo intervento a Gemona, un appello in Parlamento

L’appello per riaprire il punto di primo intervento di Gemona.

La battaglia per riaprire il punto di primo intervento nell’ospedale di Gemona non si ferma. Gli esponenti del “Comitato San Michele”, “Gruppo Cicogna” e del gruppo social “Io voglio l’ospedale a Gemona” hanno indirizzato una lettera alle istituzioni, dal governatore Massimiliano Fedriga ai deputati friulani a Roma.

“Vi chiediamo un deciso intervento politico, al fine di riaprire il Pronto Soccorso dell’Ospedale San Michele di Gemona, sostituito nel 2016 con un Punto di Primo Intervento – esordiscono in rappresentanza dei sodalizi Claudio Polano, Alessandro Venturini e Giulio Ragalzi -. Abbiamo di recente elencato varie criticità sanitarie dell’Alto Friuli, con un appello che però non ha stranamente trovato il consenso delle autorità locali. Pertanto, vogliamo ancora una volta far presente che l’assessore alla Salute, Riccardo Riccardi, chiudendo “temporaneamente” il punto di primo intervento di Gemona, si è assunto una grande responsabilità nel lasciare di fatto coperto un territorio vastissimo dell’Alto Friuli (che va dal Tarvisiano, Val Canale, Canal del Ferro, Pedemontana e Carnia) con un solo ospedale operativo a nord di Udine, quello di Tolmezzo. Ciò dopo il blocco di San Daniele a causa del contagio, senza offrire soluzioni alternative per i servizi dell’emergenza-urgenza”.

Secondo quanto riportano i tre sodalizi, “l’automedica promessa a Gemona non è mai stata attivata. Quello che sta succedendo in questi giorni al Pronto Soccorso di Udine, segnalato anche dai sindacati dei medici, è l’inevitabile conseguenza dell’incapacità organizzativa del Sistema sanitario regionale, che chiudendo e depotenziando sempre di più le strutture periferiche, non ha fatto altro che incrementare ulteriormente il sovraffollamento degli ospedali Hub. Non si comprendono i motivi di tale scelta, in un momento come questo in cui l’epidemia sta dilagando, quando i servizi territoriali dovrebbero essere valorizzati, anziché depauperati, per permettere da un lato la decongestione dei grandi centri e dall’altro offrire un servizio sanitario di prossimità ai cittadini”.

In piena emergenza Covid si decide di chiudere servizi essenziali, i pazienti vengono “parcheggiati” in tende da campo a Tolmezzo, piuttosto che utilizzare pienamente gli ampi spazi del San Michele, che vanta una capacità superiore ai 200 posti letto – ricordano Polano, Venturini e Ragalzi -. Ora, presso la struttura ospedaliera di Gemona, è stato aperto un reparto Covid per circa una quarantina di pazienti, che attualmente è già completo! L’ospedale di Gemona avrebbe potuto essere sin dall’inizio dell’epidemia una risorsa, grazie alle proprie caratteristiche strutturali di Ospedale moderno (è del 1985), modulabile, con vasti spazi esterni, predisposto a poter fronteggiare il trattamento di patologie infettive, grazie alla presenza di percorsi separati, già intrinsecamente esistenti nel nosocomio e facilmente fruibili, necessari per la separazione degli accessi dei pazienti contagiati, senza la necessità di ulteriori investimenti per attrezzarli, come accaduto in altri ospedali della Regione”.

Dai tre arriva poi un’accusa ben precisa al mondo politico. “Si ricorda che il Pronto Soccorso e l’Area d’Emergenza di Gemona, che accoglieva e dava assistenza anche a pazienti intensivi, sono stati chiusi in modo strumentale dalla precedente Giunta regionale Serracchiani – sferzano -. Cambiato il potere regionale, spiace constatare che non solo non si sia posto rimedio a tale gravissimo gesto, ma la priorità della strategia regionale in risposta all’epidemia è stata chiudere il Punto di primo intervento, anziché potenziarlo! Difficile credere alle vaghe promesse di una sua riapertura ad emergenza terminata. Siamo ancora in attesa della realizzazione del progetto di riabilitazione cardiologica-neurologica, previsto nella legge di Riforma regionale della Sanità. Nel frattempo continuiamo ad assistere alla riduzione delle attività ed ai disagi per gli ambulatori cardiologico ed oncologico. Siamo stanchi di promesse finora mai mantenute”.

Dando uno sguardo alla situazione attuale, i tre sodalizi non nascondono la grande preoccupazione “riguardo all’assenza di strategie e di risultati, sia in termini di prevenzione che di organizzazione dell’assistenza sanitaria da parte di questa dirigenza politica che, seguendo la stessa identica linea e con gli stessi uomini del governo regionale precedente, continua a fare “orecchie da mercante” alle richieste d’aiuto da parte della popolazione di questo territorio. Di fronte alle difficoltà organizzative dell’emergenza – concludono Polano, Venturini e Ragalzi -, diventa ora ancora più evidente come gli ospedali periferici siano molto importanti ed indispensabili, in termini di risposta ai bisogni primari di salute della popolazione. È evidente l’urgenza di una revisione della recente Riforma Sanitaria Regionale, che auspichiamo possa coinvolgere al più presto le forze politiche e i portatori di interesse in maniera trasversale e che si basi su dati concreti e criteri di buon senso per il bene della collettività”.