L’aggiunta di acqua nel vino nell’ipotesi dell’Ue.
L’Unione Europea pensa di “annacquare” il vino e in Friuli Venezia Giulia scatta l’allarme. A lanciarlo è Coldiretti, che svela i contenuti del documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri Ue in cui viene affrontata la pratica della dealcolazione parziale e totale dei vini. In sostanza, togliere l’alcol dal prodotto e aggiungere acqua, anche nei vini a denominazione di origine.
“In questo modo viene permesso ancora di chiamare vino, un prodotto – sottolinea la Coldiretti – in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino. Un inganno legalizzato per i consumatori che si ritrovano a pagare l’acqua come il vino”. Per Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti, “l’introduzione della dealcolazione parziale e totale come nuove pratiche enologiche rappresenta un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo e che metterebbe fortemente a rischio l’identità del vino italiano ed europeo, anche perché la definizione “naturale” e legale del vino vigente in Europa prevede il divieto di aggiungere acqua”.
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Un’ipotesi che avrebbe già riscosso un ampio “niet” da parte delle associazioni agricole di tutta l’Ue, secondo quanto sostiene Michele Pace Perusini, responsabile vino di Confagricoltura Fvg. “La posizione compatta riscontrata a Bruxelles – aggiunge – dovrebbe evitare che si prendano derive pericolose. Non intravedo pericoli per i vini friulani, prodotti che non devono essere sviliti. A oggi – conclude Pace Perusini – chiunque voglia acquistare sul mercato il vino per rielaborarlo, poi non potrà più chiamarlo vino, ma dovrà scegliere un’altra denominazione”.
“Bisogna capire il contesto, ma quanto proposto dall’Ue non è auspicabile – premette Giorgio Colutta, titolare dell’omonima azienda vitivinicola di Manzano -. Capisco si voglia andare incontro a prodotti con minore gradazione alcolica, ma credo sia utile per prodotti quali vini da tavola, non certo di quelli di denominazione di origine“. Secondo Colutta, per realizzare un vino importante “il lavoro parte dal vigneto, dalla potatura alle altre fasi del processo. Qualche grado in più o in meno non è un discrimine di maggiore o minore qualità. Il consumatore – conclude – è consapevole e sa quali sono le differenze tra i prodotti”.