Il turismo enogastronomico in Friuli.
In Friuli si mangia e si beve bene, eppure ancora molti turisti non lo sanno o, almeno, la nostra regione non è riuscita fino ad ora a rendersi riconoscibile da questo punto di vista: a dirlo è il Rapporto sul turismo enogastronomico italiano 2023, curato da Roberta Garibaldi e realizzato sotto l’egida dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico.
In vetta alla classifica delle regioni maggiormente identificate con l’enogastronomia c’è infatti l’Emilia Romagna con il tortellino, seguita dalla Campania con la pizza; terzo gradino del podio per la Sicilia col cannolo.
Scendendo sotto la soglia di riconoscibilità del 50% (ossia dove meno della metà degli intervistati non sanno indicare un prodotto tipico), troviamo l’Abruzzo, il Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Umbria, Marche, Basilicata e Molise. Insomma, la nostra regione si piazza nella zona più bassa della classifica. Il nostro prodotto rappresentativo, così come accade per il Veneto (che però sta più in alto) è considerato il vino.
Eppure il turismo enogastronomico è in forte crescita: secondo il Rapporto, la scoperta dei sapori è motivo di viaggio per il 58% degli italiani e si stima che i turisti di questo tipo siano quasi 10 milioni. Nel 35% dei casi, la meta dei desideri è la Sicilia (dato che arriva al 45% tra i turisti enogastronomici).
Ad attirare chi si muove per esperienze legate al buon cibo e al buon bere, ci sono anche Sardegna, Emilia Romagna, Toscana, Trentino, Campania, tra mete passate e destinazioni per il futuro. E il Friuli? Non compare: “Il rapporto – commenta infatti Roberta Garibaldi -, evidenzia le possibilità di crescita di alcune regioni dall’alto potenziale turistico in chiave enogastronomica”.
“È il caso del Friuli Venezia Giulia, terra di grandi vini (Collio su tutti) e di prodotti dop come il prosciutto di San Daniele, che conquista solo poche delle preferenze tra le migliori regioni d’Italia, al pari di altre due regioni ricche di patrimonio agroalimentare come le Marche (vini a denominazione, formaggi, olive ascolane) e l’Umbria (vini a denominazione, olio extravergine di oliva, tartufi e norcineria)”.
“Per queste ed altre regioni piccole, come la Valle d’Aosta che viene nominata soltanto da un ridotto numero degli intervistati o come la Liguria che si ferma al 6% – conclude -, le prospettive turistiche legate a cibo, vino e altri prodotti locali sono molto alte, ma è necessario comunicare in maniera più efficace le ricchezze di cui sono in possesso nell’ambito del food e del beverage”