La sanità del Fvg non è un’eccellenza, ma migliora. L’indagine nazionale fa discutere

I dati del report Crea Sanità promuovono il Fvg, ma solo con la ‘sufficienza’. La Cgil critica l’assessore Riccardi

Tempo di valutazioni per il Sistema sanitario regionale. Dopo i dati – in positivo – diffusi ieri dal rapporto della Scuola Sant’Anna di Pisa, oggi è la volta dell’indagine Crea Sanità (Il Sole 24 Ore Radiocor), che fotografa l’indice di soddisfazione della popolazione rispetto alla tutela della propria salute.

In base all’analisi, solo Veneto, Piemonte, Bolzano e Toscana (oltre 13,3 milioni di abitanti) ottengono una promozione piena, con livelli complessivi di tutela della salute migliori dalle altre e con un indice di performance che supera il 50% del livello massimo (rispettivamente 60%, 55%, 54% e 53%).

Per gli utenti, il sistema sanitario Fvg ottiene solo la sufficienza

Friuli Venezia Giulia, Trento, Emilia-Romagna, Liguria, Valle d’Aosta, Marche e Lombardia (19,3 milioni di abitanti) sono promosse, ma con la ‘sufficienza‘ che configura livelli di performance tra 45 e per 50 per cento.

La sintesi dei dati del Report Crea Sanità relativi al Friuli Venezia Giulia

Rimandate‘, con livelli tra il 37% e il 44%, Sardegna, Campania, Lazio, Umbria, Abruzzo e Puglia (circa 18,9 milioni di abitanti). Fortemente insufficienti, infine, Sicilia, Molise, Basilicata e Calabria (circa 7,5 milioni di abitanti).

Dati, quindi, che fanno discutere e che vanno in controtendenza rispetto alle performance in miglioramento analizzate con soddisfazione ieri dall’assessore regionale alla Sanità Riccardo Riccardi.

Sulle dichiarazioni dell’assessore Riccardi interviene, in polemica, la Cgil Fvg

L’enfasi con la quale l’assessore ha commentato il nuovo rating assegnato al Friuli Venezia Giulia dal rapporto 2023 della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è sorprendente, perché le parole di Riccardi non tengono conto del fatto che dal 2017 al 2023, sempre secondo i dati Sant’Anna, la nostra regione è precipitata in fondo a quasi tutte le statistiche non solo nel confronto tra le regioni, ma anche rispetto agli standard che garantiscono la tutela del diritto alla salute”, attacca è il segretario generale della Cgil Friuli Venezia Giulia, Michele Piga, che lancia un nuovo allarme sulla crescita delle liste di attesa.

Le liste d’attesa sono in costante peggioramento

“Quando un bicchiere è pieno a metà è normale che si apra un confronto tra chi lo vede mezzo pieno e chi lo vede mezzo vuoto. Ma se il bicchiere è quasi completamente vuoto, non ci dovrebbe essere discussione”. Così Piga, che punta il dito sull’assenza di segnali di miglioramento sul fronte dei tempi di attesa, giudicati “inaccettabili e in peggioramento”»” in molti importanti ambiti, a partire dalla chirurgia oncologica: “Quasi il 40% dei pazienti in attesa di intervento – denuncia Piga – deve attendere oltre i termini per essere operato, con punte che arrivano addirittura al 76% per i tumori alla prostata”»”.

Allarmanti, per il segretario della Cgil, anche i dati sui tempi di attesa per la specialistica ambulatoriale, comprese le indagini diagnostiche, “che si stanno addirittura allungando rispetto al periodo Covid, arrivando perfino in alcuni casi balletto drammatico delle agende non disponibili”.

“In poco più di cinque anni – rileva Piga – si è passati da un 19% (dato 2018) al 33% delle prestazioni ambulatoriali erogate oltre ai tempi di attesa tollerati. Percentuale che lievita ulteriormente per le prestazioni con priorità breve, erogate in ritardo nel 50% dei casi, a fonte di un 20% nel 2018. Tutto questo genera indignazione nei cittadini e ripetuti rilievi da parte degli istituti d’analisi, che fotografano una situazione ormai insostenibile per la sanità regionale”.

Il bicchiere non è mai stato così vuoto

“Il bicchiere non è stato mai così vuoto, per cui non c’è proprio nulla di cui rallegrarsi“, attacca il segretario della Cgil, che conclude ricordando come spetti al servizio pubblico farsi carico delle prestazioni non erogate e “delegate” al privato. “Per quanto attiene ai rimborsi – dichiara – non deve essere il cittadino a cercarsi da solo l’erogatore privato, pagarlo e chiedere il rimborso: spetta all’Azienda Sanitaria garantire al cittadino la prestazione, fornendola in proprio o acquistandola da operatori privati. A carico del cittadino c’è soltanto l’eventuale ticket, se dovuto”.