Ritoccate al rialzo le stime di crescita del Pil in Friuli.
La crescita del Pil in Friuli Venezia Giulia è maggiore di quanto stimato alcuni mesi fa: secondo le analisi dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine su dati Prometeia aggiornati a luglio, è previsto aumentare in volume dello 0,9% nel 2024 (rispetto allo 0,7% stimato lo scorso aprile) e del 0,8% nel 2025 (come tre mesi fa).
Alla fine del prossimo anno, il Pil regionale potrebbe dunque segnare una variazione del +5,7% rispetto al 2019 (pre-covid). La revisione al rialzo per quest’anno è imputabile all’andamento degli investimenti in costruzioni migliore delle attese.
Si conferma la solidità dell’economia regionale, che nel periodo post-pandemico, a fronte di un quadro geopolitico ed economico connotato da forte instabilità, ha registrato un tasso di crescita al di sopra della media nazionale ed europea. A fine 2023, l’economia del FVG ha segnato, infatti, un incremento del 3,9% rispetto al 2019.
Il Pil dell’Italia è cresciuto nel quadriennio del 3,5%, quello Spagna del 2,5%, quello della Francia del 2,4% e quello della Germania dello 0,8% (nonostante il calo demografico, e quindi di consumatori, registrato in FVG e in Italia, a differenza di quanto avvenuto nelle principali economie europee: fatto non trascurabile, visto che i consumi sono la componente più importante del Pil).
I consumi e gli investimenti.
Per quanto riguarda le componenti della domanda, i consumi delle famiglie dovrebbero espandersi nel 2024 ad un ritmo inferiore a quello del Pil, +0,6 %, e di poco superiore, +0,9%, nel 2025, favoriti dal rafforzamento del mercato del lavoro e dall’incremento delle retribuzioni, ma frenati dall’aumento della propensione al risparmio. Alla crescita il prossimo anno contribuirà anche la ripresa del comparto industriale. A fine del 2025, i consumi dovrebbero essere cresciuti di 2,1 punti percentuali rispetto al livello pre-pandemico.
Gli investimenti, dopo essere cresciuti nel quadriennio 2019/2023 del 25,8%, sono previsti aumentare nel 2024 solo dell’1,6%, e calare del 2,7% il prossimo anno, risentendo degli ancora elevati costi di finanziamento e del venir meno degli incentivi nel settore edile, compensati soltanto in parte dall’attuazione delle misure previste dal PNRR.
Le esportazioni di beni in volume, dopo il crollo dello scorso anno imputabile prevalentemente alla cantieristica caratterizzata da una forte variabilità nel tempo, oltre che dall’andamento deludente della domanda tedesca (Pil Germania -0,2%) e del commercio mondiale (-1,2%), riprenderebbero un percorso espansivo nel 2024, +5,6%, e nel 2025, +4,5%, superiore a quello del commercio internazionale (+2,6% nel 2024, +3,3% nel 2025).
Dal lato dell’offerta, il valore aggiunto dell’industria è previsto portarsi nel 2024 sui valori leggermente inferiori a quelli dello scorso anno (-0,6%) mentre nel 2025 registrerà una variazione positiva (+1,0%), grazie anche alla ripresa dell’export. Si stima una tenuta del comparto delle costruzioni nel 2024 e un deciso calo il prossimo anno (+4,0 % nel 2024, -10,0% nel 2025), mentre si prevede prosegua la moderata crescita in quello dei servizi (+1,4% nel 2024 e +1,5% nel 2025).
Il mercato del lavoro.
Il mercato del lavoro resta solido. L’occupazione, misurata in termini di unità di lavoro, continuerebbe ad aumentare quest’anno, ma subirebbe una decelerazione il prossimo (+1,0% nel 2024, +0,4% nel 2025), anche per il ridimensionamento del comparto edilizio e per una stabilizzazione dopo la vivace crescita registrata negli anni precedenti.
Il tasso di occupazione (rapporto percentuale tra gli occupati e la corrispondente popolazione di riferimento) per la fascia di età 15-64 anni è ai massimi e in ulteriore crescita, sorretto dall’espansione degli occupati, ma anche a causa dell’ulteriore contrazione della popolazione attiva, arrivando al 69,8% quest’anno e al 70,3% il prossimo (era al 66,6 % nel 2019, pre-pandemia). Il tasso di disoccupazione è previsto attestarsi al 5,1% del 2024 (era al 6,2% nel 2019).
L’inflazione al consumo, pari al 5,5% nella media del 2023 in FVG (8,2% nel 2022), diminuirebbe in maniera netta quest’anno, in linea con il valore registrato nel primo semestre, 1,2%, per poi probabilmente risalire nel biennio 2025-26, ma rimanendo comunque al di sotto del 2%. Al netto ridimensionamento rispetto allo scorso anno contribuirebbe la moderazione dei prezzi dell’energia e dei prodotti intermedi. Gli effetti dell’accelerazione delle retribuzioni verrebbero assorbiti dai margini di profitto e dall’andamento moderato dei prezzi delle importazioni.
Il commento.
“Veniamo da una frenata della crescita industriale iniziata a fine 2022 e ne stiamo subendo ancora i contraccolpi – spiega il direttore generale di Confindustria Udine, Michele Nencioni –. Tuttavia, le previsioni ci dicono che la crescita è un obiettivo alla nostra portata. Industria 5.0 ci aiuterà nell’ultimo trimestre di quest’anno e incrementeremo il valore aggiunto del comparto industriale nel 2025. Ma c’è la necessità di mettere a terra gli investimenti sul tema del digitale e dell’intelligenza artificiale e serve un piano di incentivi agli investimenti che vada oltre il Pnrr e quindi oltre il 2026: le imprese, infatti, hanno bisogno di orizzonti di medio periodo”.
“Nonostante il quadro incerto – prosegue Nencioni -, l’industria continua a essere la sala macchine della crescita: fornisce i beni da esportare e crea posti di lavoro a più alto contenuto di conoscenza e meglio remunerati. L’industria è la spina dorsale della nostra economia per la dinamica della produttività, per ricerca e sviluppo e per l’innovazione incorporata nei suoi beni, che sono utilizzati anche dagli altri settori. Il FVG, l’Italia stanno in piedi con la manifattura avanzata, che genera valore inventando, innovando, esportando e offre posti di lavoro qualificati con un’intensità superiore a qualsiasi altro comparto economico”.
“Stiamo affrontando una nuova fase connotata da sfide tecnologiche e ambientali – conclude Nencioni -, all’interno delle quali l’industria fa da apripista. Questi sono gli aspetti essenziali e trainanti delle società occidentali. E su questi temi bisogna investire, senza se e senza ma. Continuiamo sempre a guardare avanti, sapendo quel che ci attende: al di là dei condizionamenti esterni, la nostra economia potrà conseguire ritmi di sviluppo sostenuti se saprà, da un lato, affrontare le conseguenze del calo e dell’invecchiamento della popolazione e, dall’altro lato, imprimere una decisa accelerazione alla produttività. Solo la produttività potrà assicurare sviluppo, lavoro e redditi più elevati”.