Una lettera dell’Assemblea di Comunità Linguistica Friulana dopo la bocciatura del Messale in friulano.
Anche l’Assemblea di Comunità Linguistica Friulana (ACLIF, che conta 141 Comuni aderenti) esprime il suo disappunto per la mancata approvazione del Messale in lingua friulana da parte della Conferenza Episcopale Italiana. Inoltre il presidente dell’Assemblea Daniele Sergon, sindaco di Capriva del Friuli, si mette a disposizione ed a fianco del governatore della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, e dei tanti, anzi tutti, rappresentanti istituzionali e civili della friulanità per sostenere qualsiasi percorso ed azione tale da poter raggiungere l’obiettivo di arrivare all’approvazione del Messale in friulano.
Spedita anche una lettera al al presidente della Conferenza Episcopale italiana e per conoscenza al presidente della Conferenza Episcopale del Triveneto, all’arcivescovo di Udine, Gorizia e Concordia – Pordenone, al presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, al presidente della Regione Veneto, al presidente della Agenzia Regionale per la Lingua Friulana ed ai 141 sindaci aderenti all’ACLIF per sostenere tale posizione.
“Le nostre Comunità – spiega Sergon – sono molto legate all’uso liturgico nella nostra lingua. È un legame intimo, forte e vero che sta a rappresentare anche la nostra storia, una storia che è stata di forti sofferenze e che la CEI conosce bene: non c’è forse territorio nazionale che abbia testimonianza di un susseguirsi continuo di momenti ed eventi tragici come la nostra. Il legame tra la lingua friulana e la santa liturgia, è un qualcosa che rappresenta il nostro essere Friuli, un rapporto che lega la nostra gente alla sua lingua, e alla sua fede, insieme. Non c’è giorno in cui i fedeli delle nostre Comunità non chiedano e si rassicurino, nel sentire le sante liturgie nella Lingua Madre, in marilenghe. Il Padre Nostro nella nostra Madre Lingua è La preghiera che unisce valori, radici, storia e popolo del Friuli”.
Pari nestri, che tu sês tai cîi,
che al sedi santificât il to non,
che al vegni il to ream,
che e sedi fate la tô volontât
come in cîl, cussì in tiere.
Danus vuê il pan che nus covente,
parinus jù i nestris debits
come che nô ur ai parìn jù ai nestris debitôrs
e no sta molânus te tentazion,
ma liberinus dal mâl.
Amen.
“Proprio nell’ambito legato alla fede – sottolinea Sergon – la lingua friulana trova una delle sue radici storiche, risalenti alla cristianizzazione partita da Aquileia e consolidatasi con il Patriarcato del Friuli. Il tutto senza dimenticare l’opera di numerosi sacerdoti che durante i secoli hanno preservato l’uso della lingua nei paesi, fino ad arrivare al rifiorire in ambito ecclesiastico a partire dal secondo Novecento. Per questo anche da parte nostra la massima collaborazione con la Regione e le altre realtà friulaniste per dialogare con la Cei in modo che si posso rivedere la sua decisione, a vantaggio non solo dei credenti ma di tutta la comunità friulana, per la quale il Messale è un importante strumento non solo religioso ma anche di veicolazione della lingua”.
“Concludo – chiosa Sergon – dicendo che proprio oggi, in particolare oggi, abbiamo l’onere di dare esempi di salvaguardia, valorizzazione e rispetto delle diversità, anche e soprattutto linguistiche, perchè si possano perseguire i principi più alti e profondi espressi dalle istituzioni religiose e civili internazionali (Unione europea, Consiglio d’Europa, ONU, Alto Commissario dell’OSCE) del vivere tutti quanti assieme, in pace, legati saldamente alle nostre culture, radici e lingue”.