La testimonianza dell’infermiere Raffaele Puppo in un video diffuso dalla Unione europea in occasione della Giornata Internazionale della Lingua Madre
Oggi 21 febbraio, è la Giornata Internazionale della Lingua Madre, istituita dall’Unesco nel 1999. Tra le azioni promosse per celebrarla c’è un video, pubblicato dal Network to Promote Linguistic Diversity (NPLD), che sottolinea l’importanza dell’uso della lingua madre nel rapporto con il paziente.
Il video, diffuso attraverso i canali della Comunità Europea e visionabile sul profilo Facebook dell’ARLeF, somma le esperienze dei rappresentanti di molte minoranze, sottolineando come la diversità linguistica abbia un grande valore, anche sociale. Il testimonial della lingua friulana è un giovane infermiere, Raffaele Puppo che lavora nel reparto di Medicina dell’ospedale di San Daniele del Friuli.
È stato scelto dall’ARLeF – Agenzia regionale per la lingua friulana, partner appunto del Network cofinanziato dalla Commissione Europea, che tutela e promuove le lingue minoritarie e regionali di tutta Europa. Il 28enne, originario del Friuli collinare, ha raccontato come parlare friulano con i pazienti gli permetta di stabilire una migliore relazione e quanto calore la marilenghe porti a coloro che si trovano in una condizione non sempre facile. Un argomento, quello dell’importanza dell’utilizzo della lingua madre in corsia, a cui aveva dedicato anche la sua tesi di laurea. Gli abbiamo chiesto qualcosa in più. Ecco cosa ci ha raccontato.
Come è stata quest’esperienza?
Mi ha fatto molto piacere, anche perché è una iniziativa sostenuta dalla Unione europea. Sono molto legato alle mie origini e alla mia terra, pertanto poter parlare di questi temi, unendoli a ciò che faccio ogni giorno, è stato molto bello e stimolante. Ritengo sia importante ricordare da dove veniamo e quali sono le nostre radici, pur guardando al futuro.
In quanto all’uso del friulano nel suo lavoro, cosa ci può dire?
Lo utilizzo – credo di non esagerare – circa nel 90% dei casi. Non c’è una regola. Dipende dall’interlocutore. Talvolta comincio con l’italiano e poi mi “sposto” sul friulano; in altri casi capisco subito che quella è la lingua più congeniale al paziente, quella che lo mette subito a suo agio, e gli parlo da subito in marilenghe.
Ci spieghi meglio…
Utilizzo il friulano perché crea un rapporto di maggiore vicinanza con chi ho di fronte. Mi aiuta a trasformare l’ambiente ospedaliero, che è di per sé un po’ freddo e distaccato, in qualcosa di più familiare; oltre che a creare più empatia con l’altra persona.
Un argomento che ha studiato anche in una tesi di laurea, giusto?
Sì, come conclusione del percorso ho deciso di fare una tesi di laurea nella quale ho discusso dell’utilizzo della lingua madre con il paziente, sul territorio. Una scelta, quella dell’utilizzo del friulano, che può facilitare la comprensione, oltre a rappresentare uno stimolo, per esempio, a collaborare per un’adeguata gestione della terapia.
Il video.