In Friuli nasce il reumatologo di comunità.
Un nuovo modo di curare, più vicino ai bisogni delle persone e del territorio: è questa la filosofia alla base dell’innovativo progetto avviato dalla Clinica di Reumatologia dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale (ASUFC), diretta dal professor Luca Quartuccio, che ha dato vita alla figura del reumatologo di comunità. Un modello unico in Italia che punta a portare la specializzazione reumatologica fuori dall’ospedale, direttamente nei distretti e accanto ai medici di base.
Più ambulatori, cure più vicine
Da maggio saranno attive le agende per gli ambulatori di Tarcento, Codroipo e Gemona, che si aggiungono a quelli già operativi a Cividale e San Daniele. A gestirli saranno cinque nuovi medici direttamente collegati alla Clinica universitaria, garantendo continuità e integrazione tra territorio e centro ospedaliero.
“Il reumatologo di comunità è un tassello fondamentale del nostro modello di ospedale diffuso – spiega il professor Quartuccio – pensato per offrire cure tempestive, umane e vicine, soprattutto a chi soffre di patologie croniche complesse”.
Reumatologo di comunità in Friuli: una rete di servizi integrati
I nuovi reumatologi non lavoreranno solo negli ambulatori distrettuali, ma affiancheranno anche i medici di famiglia, visiteranno pazienti nelle RSA e, nei casi più delicati, effettueranno visite domiciliari per chi non può spostarsi. In questo modo, si riducono i tempi di attesa, si anticipano le diagnosi e si evita la frammentazione del percorso terapeutico.
Diagnosi più rapide e attenzione alla persona
Le malattie autoimmuni e reumatologiche, come artrite reumatoide, lupus, vasculiti e sclerodermia, richiedono cure complesse e spesso tempestive. Finora, i pazienti erano costretti a rivolgersi direttamente agli ospedali di secondo o terzo livello, spesso lontani da casa. Ora, invece, sarà il medico specialista a muoversi verso il territorio, portando con sé competenze cliniche e strumenti diagnostici.
Il nuovo approccio punta anche a umanizzare le cure, nel solco della Carta per l’Umanizzazione promossa proprio a Udine. Prendersi cura delle persone nei luoghi in cui vivono significa anche rafforzare il rapporto medico-paziente, ridurre lo stress e rendere il percorso di cura più sereno.
Uno dei punti di forza del progetto è proprio la continuità assistenziale integrata, senza fratture tra primo, secondo e terzo livello. In questo modo, il paziente non viene più costretto a ripetere visite, raccontare più volte la propria storia clinica o subire ritardi per passaggi burocratici. Lo stesso medico segue il paziente nei diversi contesti: ambulatorio distrettuale, ospedale, RSA o domicilio.
“L’esperienza che si sta avviando in ASUFC – continua il prof. Quartuccio– non è soltanto un’iniziativa locale, ma un modello organizzativo che può ispirare altre realtà sanitarie italiane. In un momento storico in cui il Servizio Sanitario Nazionale è chiamato ad affrontare le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione, dall’aumento delle cronicità e dalla necessità di razionalizzare le risorse, la figura del reumatologo di comunità appare quanto mai attuale e necessaria”.
