Lo studio dell’Università di Udine sugli insetticidi e le api.
In condizioni naturali e in presenza di un virus che danneggia il sistema immunitario, l’effetto degli insetticidi sulle api può diventare imprevedibile. È quanto emerge da uno studio multidisciplinare coordinato dall’Università di Udine nell’ambito del progetto europeo Poshbee. Secondo la ricerca, gli effetti degli agrofarmaci sulle api dipendono anche da altri fattori di stress come parassiti, condizioni ambientali, disponibilità di nettare e polline e inquinanti, ma un diffuso virus patogeno può cambiare le regole del gioco. I risultati di questo lavoro, finanziato dall’Unione europea, sono stati pubblicati dalla rivista scientifica internazionale Nature Communications.
L’origine dello studio L’indagine nasce dai risultati contraddittori fin qui riscontrati in pieno campo verificando l’effetto di vari insetticidi sulle api. Si è visto infatti che certi insetticidi, come i neonicotinoidi che sono sicuramente tossici in laboratorio, quando vengono saggiati all’aperto, a volte risultano dannosi per le colonie d’api, altre volte no, senza apparenti spiegazioni. I dati fin qui ottenuti hanno dato luogo a interpretazioni discordanti, tanto che taluni hanno collegato l’assenza di effetti in pieno campo a una trascurabile nocività. Di conseguenza, mentre in certi Paesi queste sostanze sono state bandite, in altri sono tuttora autorizzate. Di fatto, in laboratorio, si possono esporre le api a questo o quel fattore di stress, trascurando tutte le possibili interferenze, ottenendo risultati molto chiari. In campo, dove i dati sarebbero più importanti, questo è impossibile, perché le api sono immerse in una ragnatela di relazioni che è difficilissimo districare.
Obiettivi e metodo della ricerca Il gruppo multidisciplinare coordinato dall’Ateneo friulano ha analizzato la complessità del sistema formato dalle api in relazione con parassiti, patogeni, condizioni ambientali, composti tossici, disponibilità di nettare e polline. L’obiettivo era capire se si potesse ricavare qualche regola generale utile a interpretare il destino delle api in caso di intossicazione. Per farlo il team ha unito tecniche matematiche e dati di laboratorio.
Ne è venuto fuori un quadro più chiaro del previsto, che ha evidenziato come la presenza di un virus patogeno in grado di sabotare il sistema immunitario delle api determina una condizione nota come bistabilità. Si tratta di una condizione per cui un sistema, ad esempio le api, può finire in una o un’altra condizione finale a seconda di minime variazioni del suo stato iniziale. In pratica, accade che laddove il virus è assente, gli effetti di una esposizione a un agrofarmaco nocivo o a un altro fattore di stress, si possono prevedere facilmente mentre quando c’è il virus, che è molto comune, tutto si fa più incerto.
«Il risultato del nostro studio è importante – spiega il coordinatore Francesco Nazzi, responsabile del Laboratorio di apidologia e apicoltura dell’Ateneo friulano – perché suggerisce molta prudenza in fase di determinazione del rischio esercitato dagli insetticidi in ambienti realistici. In altre parole non bastano dei risultati confortanti ottenuti in certe condizioni ambientali per escludere eventuali esiti nefasti in altri contesti».
Le ricadute principali riguardano il cosiddetto risk assessment, cioè le procedure che conducono all’approvazione, oppure no, di un prodotto per l’uso in campo. “Grazia a questo lavoro – sottolinea Nazzi – facciamo vedere come, insieme a studi che considerino il rischio determinato dai pesticidi in un contesto di stress multipli, sia necessario perseguire una comprensione più profonda di questo sistema, attraverso analisi appropriate. Questo perché gli studi sperimentali sono fortemente condizionati dal contesto in cui si svolgono e possono offrire indicazioni parziali o addirittura contraddittorie, mentre studi come il nostro consentono di ricavare regole generali che sono valide sempre”.
La ricerca è stata condotta da un team multidisciplinare che ha unito le competenze di biologi delle api, matematici ed esperti di risk assessment. Fanno parte del team: i coordinatori Francesco Nazzi e Franco Blanchini, Desiderato Annoscia, Dimitri Breda, Davide Frizzera, Elisa Seffin e Virginia Zanni dell’Università di Udine; Giulia Giordano dell’Università di Trento, e Christopher J. Topping dell’Università di Ahrus (Danimarca).