Il caporalato cresce anche in Friuli: serve un protocollo per la legalità

La denuncia della Uil Fvg: “Migliaia di persone lavorano senza tutele e in condizioni salariali da sfruttamento”

Costruire le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità, affidando la presidenza ai prefetti e coinvolgendo gli Enti bilaterali agricoli territoriali nella gestione dell’incrocio domanda e offerta di lavoro e nell’organizzazione del sistema dei trasporti; mettere in comune le banche dati di Inps, Agea, Inail, Agenzia delle Entrate e di tutti gli enti pubblici per realizzare una mappatura trasparente del settore agricolo; costituire presso l’Inps una sezione specifica per le cooperative e società ‘senza terra’, per esaminare e valutare, prima di autorizzarle ad assumere manodopera, se soddisfino i requisiti di legge previsti per la gestione degli appalti; potenziare i servizi di vigilanza e ispezione pubblici e lavorare per un maggiore coordinamento delle attività ispettive a livello locale.

Sono le proposte del segretario generale UIL di Pordenone, Ezio Tesan, e dal segretario generale UILA del Friuli Venezia Giulia, Pierpaolo Guerra, per rilanciare il tavolo contro il ‘caporalato’ e accelerare verso la piena attuazione della legge 199 del 2016, che otto anni fa UILA-UIL ha contribuito a creare e che si è dimostrata efficace sul lato sanzionatorio, ma non altrettanto sul versante dell’offerta di lavoro e trasporti.

Riflettori accesi sul caporalato dopo la morte di Satnam Singh

Il rilancio arriva dopo settimane di discussione sulla lotta al caporalato seguite all’inaccettabile ‘morte-omicidio’ sul lavoro del bracciante 31enne Satnam Singh. Ma soprattutto dalla consapevolezza che anche nel Friuli Venezia Giulia sono centinaia, migliaia le persone che lavorano in condizioni di estremo disagio nei settori dell’agricoltura, del commercio, dell’edilizia e che, ogni giorno, devono affrontare lavori gravosi, assenza di tutele minime e condizioni salariali da sfruttamento.

Secondo i segretari UIL e UILA, il monitoraggio eseguito negli ultimi anni sul lavoro irregolare, lo sfruttamento e il lavoro sommerso, non è più sufficiente ad arginare un fenomeno che è presente su larga scala e fin troppo tollerato perché riguarda soprattutto persone invisibili‘.

Così come non sono più sufficienti i controlli e le sanzioni per arginare una piaga come quella dello sfruttamento e dei caporali. E’ necessario un cambio culturale per modificare questo stato di cose che, ogni giorno, s’ingigantisce.

Troppi contratti ‘grigi’ per nascondere le irregolarità

Primo, l’irregolarità spesso viene celata in contratti ‘grigi’, che all’atto del controllo risultano apparentemente in ordine a fronte di giornate lavorative contrattualmente regolari e giornate non regolarizzate, come nel caso specifico dell’agricoltura. In altri settori, invece, l’irregolarità si cela dietro finti contratti di lavoro part-time o a chiamata, utili a dimostrare in caso di controlli la finta regolarità. Questi casi, oltreché essere la quotidianità negli uffici del sindacato, sono anche in costante crescita anno su anno.

Controllo della filiera per contrastare subappalti e sfruttamento

Il secondo fattore che, secondo Tesan e Guerra, non deve più mancare è il controllo della filiera degli appalti e subappalti. In concreto sulle aziende agricole senza appezzamenti terrieri, spesso intestate a lavoratori stranieri poco coscienti delle responsabilità che hanno, o costretti ad accettare per non perdere l’unica forma di sussistenza familiare.

Aziende su cui vengono poi aperti rapporti di lavoro di connazionali sfruttati a loro volta. Fa riflettere che ci siano poi professionisti, anche in buona fede e spesso di regioni diverse, che si prestano ad aiutare ed agevolare aperture di partite Iva, rapporti con l’Agenzia delle Entrate ed enti.

Terzo, la filiera va ‘ricostruita’ contro la violenza dello sfruttamento, e va mantenuta sotto stretto controllo e ripristinando una solida rete d’ispezioni quale deterrente. L’indebolimento della rete di ispettori dell’Ispettorato territoriale del lavoro e dell’Azienda sanitaria purtroppo va, invece, nella direzione opposta: è inutile indignarsi.

I controlli non bastano: serve un protocollo per la legalità

“Sono lodevoli le iniziative sul tema messe in atto dalla Prefettura nelle scorse settimane per creare consapevolezza delle parti datoriali e a fare rete con tutti i soggetti istituzionali. Ma – proseguono UIL e UILA – si deve puntare alla sottoscrizione di un Protocollo per la legalità, con tutti i soggetti preposti (compresi gli studi professionali di consulenti e commercialisti), per controllare nel modo corretto il fenomeno e divulgarne i contenuti su larga scala“.

“Vanno coinvolti, laddove presenti, gli Enti bilaterali nel ruolo di regia coordinata anche sul tema della sicurezza, vantando già successi sia per il rispetto delle norme contrattuali, sia per il presidio dei Rappresentanti dei lavoratori per la Sicurezza territoriali, figure che possono avere libero accesso nelle imprese e sui luoghi di lavoro“, concludono i segretari.