La raccolta firme contro il cibo sintetico.
Carne sintetica prodotta con bioreattori e stampanti 3D, senza più bisogno di allevamento, mucche e pascoli. Non è la trama di un film di fantascienza ma un progetto portato avanti da potenti società multinazionali. Un’idea rivoluzionaria che, se dovesse trovare sponda nelle istituzioni europee, rischierebbe di mettere in ginocchio l’agricoltura italiana con tutta la sua tradizione. Contro la prospettiva del cibo in provetta si batte da tempo Coldiretti, con una campagna che a livello nazionale ha già raccolto 400mila firme. Alle quali oggi si è aggiunta quella del presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin.
“Le grandi lobby multinazionali – gli hanno spiegato oggi a Udine Cesare Magalini, direttore di Coldiretti Fvg, e Gino Vendrame, presidente della branca udinese dell’associazione – la chiamano carne coltivata, un nome molto social e suadente, anche se qui la terra non c’entra nulla. E ammantano la proposta di ambientalismo, in quanto si ridurrebbero le emissioni legate al consumo dell’acqua e alla produzione di foraggi. In più, dicono di essere mosse da ragioni umanitarie, perché il cibo sintetico potrebbe contribuire a risolvere il problema della fame nel mondo”.
Si tratta però, ribattono i dirigenti della maggiore associazione di rappresentanza degli agricoltori, di un castello ideologico molto fragile, “dal momento che non viene spiegato quanta energia si utilizzerebbe nei bioreattori, mentre le cellule prelevate per realizzare il cibo sintetico verrebbero dai feti dei bovini, alla faccia del benessere animale. Anche il nobile intento di sfamare i poveri – aggiungono Vendrame e Megalini – cozza con i potenziali rischi del cibo in provetta, mai sperimentato e possibile causa di malattie per quelle persone. Senza contare l’attacco alla nostra economia e alla nostra cultura, al cibo genuino e sano prodotto dai nostri agricoltori, che noi promuoviamo con etichettatura, tracciabilità e iniziative come Campagna amica“.
Tutte considerazioni condivise al cento per cento da Zanin. “Faccio i complimenti a Coldiretti per questa iniziativa – ha esordito il presidente, ospite della sede udinese dell’associazione in via Daniele Moro – e appoggio totalmente la vostra battaglia, portandovi la solidarietà dell’assemblea legislativa regionale. Voi giustamente fate suonare un campanello d’allarme, perché il silenzio e la mancanza di informazioni rischiano di alimentare questi progetti“.
“Registro con preoccupazione – ha detto ancora Zanin – alcune costanti di questi ultimi anni. Il primo problema è che, a livello europeo e mondiale, a volte la decisione politica non nasce da un processo democratico ma viene adottata da persone nominate o autocooptate, come gli euroburocrati, che non subiscono il vaglio dei cittadini, non hanno necessità di trovare consenso per le loro azioni e dunque rispondono ad altri portatori di interessi. In fondo il Qatargate è questo: flussi di denaro di potenze statali o multinazionali per influenzare le decisioni. Azioni come queste minano alla base la democrazia: noi siamo contro gli autocrati, ma qui c’è in nuce il rischio di una dittatura soft”.
La seconda considerazione è che “processi millenari come la produzione del cibo, selezionati e vagliati fino ad arrivare a scelte in grado di tutelare economia, salute e territorio, vengono oggi dimenticati e bypassati da progetti opachi e non verificati sul campo. E poi, terzo elemento inquietante, dietro questi processi ci sono sempre le grandi multinazionali”. La conclusione è che “se noi vogliamo tutelare la nostra identità, per essere liberi e padroni a casa nostra, dobbiamo stare nel solco della nostra tradizione. Anche dal punto di vista etico dobbiamo contrastare questa narrazione, dipinta con i colori dell’ambientalismo ma che altro non è se non una speculazione economica. Anche il presunto intento umanitario è un alibi, in quanto i poveri verrebbero trattati come cavie”.
C’è infine il rischio – ha sottolineato ancora il presidente – del cibo-standard, uguale in tutti gli angoli del mondo, “dell’omologazione e della massificazione: il consumatore friulano diventerebbe uguale al consumatore indiano o cinese, perché tutti mangerebbero la stessa cosa. Sarebbe la fine di ogni unicità e originalità, e in definitiva la fine della nostra libertà. Sarebbe purtroppo la realizzazione di una società dispotica, intravista da alcuni pensatori e scrittori”. Per questo va difesa “la nostra agricoltura” che, come hanno sottolineato i due dirigenti di Coldiretti, “rappresenta per l’Italia una vera miniera, in termini economici e culturali”.