La serie tv Volevo fare la rockstar.
C’è molta attesa per le imminenti riprese della seconda stagione di “Volevo fare la rockstar”, ancora per la regia del goriziano Matteo Oleotto. Un gradito ritorno frutto degli ottimi ascolti tv, a cui si è aggiunta un’ottima performance sulla piattaforma RaiPlay, che per la prima volta in assoluto aveva reso disponibili tutte le puntate nello stesso giorno della messa in onda della prima. Ma al di là degli ascolti, qual è l’impatto di una produzione di questo tipo sul tessuto economico di un territorio?
La prima stagione di “Volevo fare la rockstar” è stata senza dubbio un ottimo veicolo promozionale per il Friuli Venezia Giulia e rimane ad oggi la serie tv più lunga mai girata in FVG, con ben 126 giornate di shooting. Numeri importanti su cui ragionare e che evidenziano alcuni aspetti di una produzione cinematografica che spesso si tende a sottovalutare, ovvero l’impatto economico che un set genera sul territorio che ne ospita le riprese e la conseguente ricaduta occupazionale. Guardando a distanza di due anni i numeri della prima serie, possiamo ricavare un’analisi dei benefici di cui l’intero territorio – Gorizia, Cormons e tutto l’isontino- ha goduto, anche per anticipare le ricadute di questa imminente seconda stagione.
I sopralluoghi sono una fase della lavorazione del film tanto importante quanto misconosciuta: ci vogliono mesi di lavoro per arrivare a definire ogni ambientazione, ma è in questa fase che una produzione inizia a spendere sul territorio. Contemporaneamente allo scouting delle location, inizia la fase di preparazione con la ricerca degli spazi necessari ai vari reparti: uffici per la produzione, locali da adibire a falegnameria e attrezzeria, luoghi per ospitare i casting e molti altri ancora. Ancor prima di iniziare a girare, la Pepito Produzioni aveva già speso oltre 160.000 euro nei circa 70 giorni di preparazione.
La scelta di girare un film in una regione piuttosto che un’altra, oltre che da ovvie motivazioni artistiche, è fortemente influenzata da due fattori: la possibilità di trovare in loco competenze e servizi e la presenza di finanziamenti sul territorio. Nel primo caso, per la rilevanza di alcune voci di costo, le produzioni possono ritenere auspicabile assumere figure professionali del luogo, se preparate ed esperte, evitando di sostenere spese aggiuntive legate alla trasferta. Per la prima stagione, la troupe era composta da 88 persone, di cui ben 36 sono stati reclutate in regione. Per tecnici e maestranze friulani, la produzione ha speso 602.000 euro per location manager, assistenti e runner di produzione, attrezzisti, costruttori e assistenti di scenografia, macchinisti, elettricisti, truccatrici, sarte etc.
Contemporaneamente, inizia il lungo e fondamentale lavoro del casting locale, per individuare attori, piccoli ruoli e comparse. Qualche numero: 809 le comparse, più di 80 gli attori locali per ruoli più o meno importanti. Si contrattualizzano inoltre gli affitti degli ambienti: alla voce location e fabbisogni di scena la spesa è stata di 193.454 euro. Se guardiamo a due anni fa, anche le strutture di accoglienza hanno beneficiato della presenza della troupe, tra hotel e appartamenti sono stati spesi 202.680 euro.
Senza dimenticare che le diarie della troupe romana in trasferta vengono spese principalmente nei negozi e ristoranti cittadini. Fatture alla mano, il dato finale di spesa diretta è di oltre 2 milioni e 115 mila euro. I benefici economici per il territorio non si esauriscono qui, poiché a quest’impatto diretto bisogna aggiungere quello moltiplicativo che si attiva sul tessuto economico locale a partire da questa spesa. In questo caso si parla infatti di impatto indotto.