Il Giorno della memoria in Fvg.
Una fase storica di dolore e sofferenze che, ancora oggi, ha lasciato il segno anche in Friuli Venezia Giulia. Migliaia furono gli uomini e donne partiti dalla nostra regione verso i campi di sterminio, molti non fecero ritorno. E per ricordarli, oggi come ogni anno, c’è il Giorno della memoria, la ricorrenza nata per commemorare le vittime dell’olocausto. Una data non a caso: il 27 gennaio fu liberato il campo di Auschwitz.
Ieri, a Trieste sono state posate altre 13 pietre d’inciampo per le vittime della Shoah. Oggi, di quel simbolo artistico ideato da Gunter Demnig che costituisce la memoria diffusa per ricordare chi è finito nei campi di sterminio nazisti, fra atrocità capaci di far inorridire, è disseminato il territorio regionale.
In diverse vie di Udine ce ne sono 10, come quella che ricorda Elio Morpurgo, già sindaco di Udine, deputato e senatore, prelevato in ospedale per essere condotto dapprima alla Risiera di San Sabba e poi ad Auschwitz, senza farvi più ritorno. Una installazione ricorda anche Cecilia Deganutti, partigiana vittima della furia nazista.
A Pordenone ne sono presenti 7, come quella a ricordo di Terzo Drusin, docente di scuola media e medaglia d’oro al valore per la Resistenza, e di Estella Stendler in Luginbuhl, vedova del pastore della Chiesa battista di Pordenone e deportata a San Sabba, trovandovi la morte.
A Trieste, con le 13 di ieri, il numero delle pietre d’inciampo sono in totale 63. Si ricordano Regina Selde Dubinsky, assassinata dai nazionalsocialisti assieme ai genitori, così come i coniugi Salomone Akivà Maestro e Bice Rossi, deportati in età avanzata e non sopravvissuti alla Shoah. Con loro, molti altri, vittime della follia di un’ideologia.
Particolamente diffuse anche le testimonianze nell’Isontino. Qui, le pietre sono posate a Cormons, dove si ricorda Giuseppe Pincherle, così come a Doberdò del Lago, dalla quale partirono 17 persone verso i campi di sterminio nazisti. Fu questa la sorte che toccò a Rudolf Lavrenčič, padre e figlio accomunati dallo stesso nome, e al partigiano Jožef Ferfolja, padre di sette figli.
Numerose anche le pietre d’inciampo a Gorizia, in memoria per esempio di Elda Michelstaedter Morpurgo, sorella del filosofo Carlo, come anche di Elisa Richetti Luzzatto, deportata assieme ai figli Rina Sara e Iginio: non sono mai più tornati da Auschwitz. Molte, infine, anche le pietre d’inciampo a Ronchi dei Legionari, uno dei nuclei più importanti per la Resistenza antifascista. Dai coniugi Maria Turolo e Domenico Candotto, fino a Lodovico e Gino Zonta, padre e figlio, il ricordo vive ancora oggi. Molte oggi, in regione, le celebrazioni per il Giorno della memoria. Il Friuli Venezia Giulia non vuole dimenticare.