E’ soddisfatto che il caso di Unabomber sia stato riaperto Elvo Zornitta, l’ingegnere di Azzano Decimo che per anni è stato il principale indagato. La speranza per lui è che si possa finalmente arrivare alla verità, e dissipare qualsiasi tipo di dubbio e sospetto e scoprire finalmente la vera identità del bombarolo del Nordest.
La riapertura delle indagini.
La svolta nelle indagini sarebbe arrivata da un capello trovato all’interno di una confezione di uova che non è esplosa e che era stato acquistato in un supermercato di Portogruaro nel 2000. Oltre a questo, altri due reperti organici, capelli e peli, sono stati recuperati da un ordigno inesploso trovato in un vigneto, a San Stino di Livenza.
Per questo l’Ufficio della Procura ha riaperto le indagini per nove persone, che erano già state prese in considerazione all’epoca e le cui posizioni erano poi state archiviate. Non solo: tra gli iscritti al registro degli indagati, c’è anche un decimo nome, un nome nuovo inserito “sulla base di una fonte dichiarativa la cui attendibilità appare problematica ed è tutta da verificare”. L’idea, quindi, è che i progressi fatti dalla scienza forense in questi anni possano sfruttare i nuovi ritrovamenti per fare passi avanti nell’individuazione del responsabile comparando il dna dei reperti con quello delle persone coinvolte.
Il realtà Zornitta, aveva già fornito il suo Dna all’inizio della prima inchiesta, ma è pronto a far eseguire un altro test sperando di “che si giunga al più presto alla verità”.
Le indagini su Elvo Zornitta.
Zornitta era finito nel registro degli indagati nel 2004 e dal quel momento la sua vita è cambiata per sempre. Secondo l’accusa sarebbe stato lui ad aver costruito e piazzato più di 30 esplosivi tra Veneto e Friuli. Un inchiesta fatta di perquisizioni, sopralluoghi indizi e una prova regina che poi si è rivelata essere un falso.
Il lamierino: da prova regina a falso clamoroso.
Al centro un lamierino ritrovato all’interno di un ordigno inesploso e un paio di forbici sequestrate all’ingegnere. Dagli esami del poliziotto scientifico Ezio Zernar le striature sul lamierino corrispondevano alle forbici di Zornitta, ma il risultato del test fu totalmente smontato dal difensore dell’ingegnere, l’avvocato Maurizio Paniz. Il legale infatti ha dimostrato che quel lamierino è stato tagliato in laboratorio, manomettendo la prova in modo da far ricadere la colpa sull’unico indagato. Il poliziotto Zenar viene quindi condannato, mentre la posizione di Zornitta viene archiviata nel 2009.
Nell’ottobre del 2022 Zornitta aveva ottenuto 300mila euro di risarcimento danni dallo Stato. Una somma giudicata troppo bassa dall’ingegnere di Azzano Decimo che ha presentato ricorso.