Lo certifica l’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia su dati Inps e Istat
In Friuli Venezia Giulia i dipendenti privati guadagnano, in media, 23.319 euro all’anno, a fronte di 253 giornate retribuite e un salario giornaliero di 92,18 euro. Un dato che pone la nostra regione all’ottavo posto in Italia, alle spalle della Lombardia, nettamente in vetta con una media di 28.354 euro, e di buona parte del Nord, con le imprese di Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, Liguria e Veneto che pagano meglio i propri lavoratori.
Forti differenze geografiche
I dati emergono dall’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre su dati Inps e Istat e ripropongono una vecchia questione: gli squilibri retributivi presenti tra le diverse aree del nostro Paese, in particolare tra Nord e Sud, ma anche tra le aree urbane e quelle rurali. Un tema che le parti sociali hanno tentato di risolvere, dopo l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali avvenuta nei primi anni ’70, attraverso l’impiego del contratto collettivo nazionale del lavoro.
L’applicazione, però, ha prodotto solo in parte gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste e in molti casi sono addirittura aumentate, perché nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie che, tendenzialmente, riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media, sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord.
A Trieste gli stipendi più alti. Gorizia fanalino di coda
Un’analisi che si applica anche ai singoli territori. Nella nostra regione, infatti, gli stipendi più alti si registrano a Trieste, decima a livello nazionale con 25.165 euro di retribuzione media annua. Segue, a distanza, Pordenone, 20esima con 23.975 euro. Leggermente sotto la media nazionale – pari a 22.839 euro – Udine, che occupa la 33esima posizione con 22.608 euro all’anno, mentre il fanalino di coda in Fvg è Gorizia, 42esima con 21.372 euro.
Dall’analisi provinciale delle retribuzioni medie lorde pagate ai lavoratori dipendenti del settore privato emerge che, nel 2022, Milano è stata la realtà dove gli imprenditori pagano gli stipendi più elevati: 32.472 euro. Seguono Parma con 26.861 euro, Modena con 26.764 euro, Bologna con 26.610 euro e Reggio Emilia con 26.100 euro, dove c’è una forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto che hanno garantito alle maestranze buste paga molto pesanti.
I lavoratori dipendenti più poveri, invece, si trovano a Trapani dove percepiscono una retribuzione media lorda annua pari a 14.365 euro, a Cosenza con 14.313 euro e a Nuoro con 14.206 euro. I più ‘sfortunati’, infine, lavorano a Vibo Valentia dove in un anno di lavoro hanno portato a casa solo 12.923 euro.
Incentivare la contrattazione decentrata
In base all’analisi della Cgia, che riprende anche gli studi del Cnel, il problema dei lavoratori poveri non sarebbe riconducibile ai minimi tabellari troppo bassi, ma al fatto che durante l’anno queste persone lavorano poco. Pertanto, più che a istituire un minimo salariale per legge andrebbe contrastato l’abuso di alcuni contratti a tempo ridotto.
Per innalzare gli stipendi, poi, bisognerebbe continuare nel taglio dell’Irpef e diffondere maggiormente la contrattazione decentrata. Avendo una quota di lavoratori coperta dalla contrattazione collettiva nazionale tra le più alte a livello europeo (98,7 per cento del totale dei lavoratori dipendenti del settore privato), dovremmo “spingere” per diffondere ulteriormente anche la contrattazione di secondo livello, premiando, in particolar modo, la decontribuzione e il raggiungimento di obbiettivi di produttività, anche ricorrendo ad accordi diretti tra gli imprenditori e i propri dipendenti.
Così facendo, conclude l’analisi della Cgia, daremmo soprattutto risposte alle maestranze del Nord e, in particolar modo, delle aree più urbanizzate del Paese che, a seguito del boom dell’inflazione, in questi
ultimi anni hanno subito, molto più degli altri, una decisa perdita del potere d’acquisto.