Il ricordo per la tragedia di Izourt.
La tragedia di Izourt è una delle pagine più tristi dell’emigrazione italiana. La mattina del 24 marzo 1939, una tempesta di neve sui Pirenei francesi demolì i tetti di due edifici all’interno del cantiere impegnato nella costruzione di una diga alta 46 metri, per conto della locale compagnia idroelettrica.
Negli alloggi vivevano decine di operai italiani: 29 delle 31 persone che persero la vita provenivano dal nostro Paese e 8 di queste dal Friuli Venezia Giulia. I loro nomi: Aurelio Del Fabbro e Giuseppe Giampaoli di Pagnacco, Umberto Braida di Travesio, Ercole Gregorutti di Cassacco, Vincenzo Pezzetta di Buja, Settimo Serbosini di Tricesimo, Vicenzo Tassan Caser di Aviano, Carlo Zat di Caneva.
Gli operai erano stati assunti da poco per realizzare un’opera fondamentale per la produzione di elettricità, necessaria all’industria bellica in un periodo di grandi tensioni internazionali che sarebbe presto sfociato nell’inizio della Seconda guerra mondiale. Nel cantiere di Izourt, tra il 1937 e il 1940, lavorarono 349 operai: 180 francesi, 107 italiani, 39 spagnoli, 18 di Andorra, 2 polacchi e uno svizzero. La maggior parte degli italiani aveva contratti di lavoro a termine.
Le proibitive condizioni meteorologiche complicarono le operazioni di soccorso: la maggior parte delle salme venne recuperata solo a distanza di giorni grazie all’aiuto della fanteria alpina di Montpellier. I resti dei 29 italiani furono tumulati nel cimitero di Vicdessos perché le famiglie non avevano i soldi necessari a riportarli in patria e la Compagnia idroelettrica dei Pirenei non volle farsi carico delle spese.
Dopo l’inizio della guerra i corpi vennero riesumati e collocati in una fossa comune per fare spazio ai caduti dell’esercito francese. Travolta dalle vicende della guerra, la tragedia cadde nell’oblio per 63 anni fino a quando, nel 2002, alcuni cittadini delle valli, che ne conservavano il ricordo tramandato in famiglia, la fecero riemergere grazie all’Alleanza franco-italiana di Tolosa, fondando l’associazione Ricordate Izourt”.
Il ricordo in Consiglio Regionale.
“Questa tragedia è ancora viva nella memoria e va ricordata“, ha sottolineato Piero Mauro Zanin, presidente del Consiglio regionale, nell’introdurre la commemorazione di un episodio “emblema delle sofferenze e delle difficoltà connesse all’emigrazione di quegli anni”.
“Va onorato – ha proseguito Zanin – il sacrificio degli italiani che, lontani dalle loro terre, lavorarono per contribuire al progresso sociale ed economico della Francia e di molti altri Paesi, come avviene oggi con tanti stranieri in Italia. A volte si preferisce non soffermarsi su queste tragedie perché ricordano un’Italia povera e disgregata, e invece l’oblio delle istituzioni è la dimenticanza peggiore”.
“Fortunatamente le comunità conservano la memoria di queste storie di ultimi. E noi oggi dobbiamo invertire la piramide che purtroppo vede il capitale prevalere sul lavoro e il lavoro sull’uomo, perché quando una persona esce di casa per andare al lavoro e non vi fa ritorno è una sconfitta per l’umanità. Va in questa direzione – ha concluso il presidente – l’idea di un Osservatorio dedicato alla sicurezza sul lavoro, che contiamo di mettere in piedi nella prossima legislatura”.
È stata la consigliera Maddalena Spagnolo (Lega) il motore di questa prima iniziativa pubblica e istituzionale in Friuli Venezia Giulia, mentre il Consiglio regionale del Veneto – presente in aula ai massimi livelli con il suo presidente Roberto Ciambetti e il consigliere regionale Fabiano Barbisan – si era già occupato di Izourt per commemorare i tanti corregionali deceduti in quel cantiere sui Pirenei.
Spagnolo è stata la prima a prendere la parola, riepilogando i fatti avvenuti a pochi mesi dall’inizio della Seconda guerra mondiale e sottolineando come “quella tragedia cadde nell’oblio e riemerse solo all’inizio degli anni duemila grazie a un sindaco francese, Jean Pierre Ruffet, che trovò la collaborazione dell’Alleanza franco-italiana di Tolosa, dando vita all’associazione Ricordate Izourt”.
“Amici francesi” presenti anche in aula, a partire da Ruffet, e ringraziati più volte dagli intervenuti. “Si sono fatti 1300 chilometri per venire qui e onorare ancora una volta gli emigranti italiani morti in Francia – ha messo in evidenza Barbisan -: potevano lasciar perdere e invece si sono attivati per andare a trovare i documenti della tragedia e rintracciare le famiglie delle vittime. Del resto i nostri connazionali hanno contribuito allo sviluppo di quelle zone: attorno a Tolosa le ville più belle sono state costruite dagli italiani”.
Il presidente Ciambetti è poi entrato nei dettagli parlando “di 56mila lavoratori italiani operanti in Francia in quegli anni, 32mila dei quali nella regione di Tolosa” e ricordando che la vittima più giovane di Izourt, Giuseppe Giampaoli da Pagnacco, aveva solo 23 anni. “Quella tragedia – ha detto ancora il presidente del Consiglio regionale del Veneto – è la testimonianza di modelli di sviluppo che non tutelavano i diritti e la sicurezza dei lavoratori, anteponendo l’arricchimento al bene comune, come fanno ancora oggi troppi speculatori”.
Bruno Giuseppe Moretto, dell’Associazione Veneziani nel mondo, e il presidente di Friuli nel mondo, Loris Basso, hanno invece passato in rassegna la storia dei tanti incidenti in cui persero la vita lavoratori veneti e friulani, tragedie più o meno conosciute come quella di Arsia in Istria, con 185 minatori deceduti, o quella di Marcinelle in Belgio. Mentre Renza Bandiera, autrice del libro che racconta con ampia documentazione i fatti di Izourt, ha raccontato come, nello scrivere, si sia “immedesimata nel dramma di quegli operai che per più di 60 anni restarono in una fossa comune. Oggi in qualche modo rispondiamo a una loro chiamata”.
Il minuto di silenzio e un filmato girato nelle valli dei Pirenei in occasione di precedenti commemorazioni hanno reso ancora più partecipe l’Aula, con tutti i consiglieri in piedi durante l’esecuzione degli inni nazionali italiano e francese.