Il rapporto sul coronavirus in Friuli Venezia Giulia.
La più alta incidenza di contagi a cui è corrisposto uno dei più alti tassi di mortalità. Un triste primato quello del Friuli Venezia Giulia, certificato dal Rapporto redatto dell’Istat, insieme all’Istituto superiore di sanità (Iss) che ha analizzato le principali caratteristiche di diffusione dell’epidemia COVID-19 e del suo impatto sulla mortalità totale del biennio 2020-2021. Un’analisi dettagliata della più recente fase epidemica estesa fino al mese di gennaio 2022, che permette di fare il punto su come i contagi si siano mossi nelle regioni.
In questi due anni, mette in luce il rapporto, il virus SARS-CoV-2 è mutato e nuove varianti, caratterizzate da sempre maggiore trasmissibilità, si sono diffuse rapidamente nel nostro paese. Al virus circolante nella prima fase della pandemia è seguita la diffusione della variante alfa (nei primi mesi del 2021), poi della variante delta (da luglio a novembre 2021) ed infine da inizio dicembre la diffusione della variante omicron che in brevissimo tempo è diventata la variante predominante. Dal punto di vista della distribuzione geografica, che nelle prime fasi dell’epidemia era caratterizzata da un marcato gradiente Nord-Centro-Sud, nel 2021 si osserva una distribuzione territoriale più diffusa, seppure le regioni del Nord risultino essere sempre quelle caratterizzate da una più alta incidenza. Se nel 2020 le regioni con più alta incidenza erano Bolzano, Veneto, Valle D’Aosta e Lombardia, nel 2021 risulta sempre la Provincia Autonoma di Bolzano seguita da Emilia-Romagna, Friuli-Venezia-Giulia e Veneto. Le regioni con minor diffusione sono state nel 2020 la Calabria e la Basilicata, nel 2021 il Molise e la Sardegna. Nel 2021 le province più colpite in termini di diffusione del virus sono state Trieste (13.905), Rimini (13.751), Forlì-Cesena (12.308), Bolzano (11.756) e Imperia (10.746), quelle con minor diffusione sono state Sassari (3.791), Sud Sardegna (3.811), Isernia (3.856), Catanzaro (3.894) e Oristano (4.011).
Passando alle vittime che ha mietuto questa pandemia, mentre fino alla prima metà del 2021 l’andamento della curva dei decessi a livello nazionale è stato abbastanza in linea con quello dei casi, con una traslazione di due-tre settimane dei decessi rispetto ai picchi dei casi, nella seconda metà del 2021, grazie all’impatto della massiccia campagna vaccinale, il numero settimanale dei decessi è stato molto più contenuto rispetto a quello dei casi. Nel 2020 le regioni con più alta mortalità da COVID-19 erano Valle D’Aosta, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, nel 2021 risultano Friuli-Venezia-Giulia, Campania, Molise, e Emilia-Romagna.
Il tasso di mortalità.
Le regioni dove si è registrata la minor mortalità associata a COVID-19 sono nel 2020 la Calabria e la Basilicata e nel 2021 la Sardegna e la Calabria. Il tasso annuale standardizzato di mortalità associata al COVID-19 è sceso da 50,5 decessi ogni 100.000 abitanti nel 2020 a 40,3 nel 2021. Nel 2021, però, i più alti tassi di mortalità legata al COVID-19 si sono registrati a Udine (77,4), Trieste (66,8), Prato e Napoli (63,0). Tra le Province con minor mortalità si ritrovano Biella (13,7), Sassari (15,1) e Bergamo (15,6). Come spiegato, la geografia della mortalità per COVID-19 è notevolmente mutata nel passaggio dal 2020 al 2021, in conseguenza della variazione della diffusione del virus e della progressione della campagna vaccinale.
Queste dinamiche hanno prodotto effetti differenziati sui tassi di mortalità generali che sono complessivamente diminuiti, ma solo grazie alla riduzione di mortalità avvenuta nelle regioni del Nord. Osservando il grafico regionale dei rapporti fra i tassi di mortalità COVID-19 nel 2021 rispetto a quelli del 2020, come era atteso il gradiente Nord-Sud dei tassi (standardizzati) di mortalità (2021 vs. 2020) si è capovolto a sfavore del Centro-Sud, rispecchiando la stessa inversione del gradiente nei tassi di mortalità COVID-19. Fa eccezione, però, a questa tendenza il Friuli-Venezia Giulia.
L’età delle vittime.
Considerando le età, il contributo più rilevante a livello italiano all’eccesso dei decessi del 2021 rispetto alla media degli anni 2015-2019 è dovuto all’incremento delle morti della popolazione con 80 anni e più che spiega il 72% dell’eccesso di mortalità complessivo; in totale sono decedute 455.170 persone di questa classe di età (circa 46 mila in più rispetto alla media del quinquennio 15-19). L’incremento della mortalità nella classe di età 65-79 anni spiega un altro ulteriore 21% dell’eccesso di decessi; in termini assoluti l’incremento per questa classe di età, rispetto al dato medio degli anni 2015-2019, è di oltre 13 mila decessi (per un totale di 177.937 morti nel 2021). A livello territoriale è nel Mezzogiorno che si osserva l’eccesso di mortalità maggiore dell’anno 2021 rispetto al periodo 2015-19 (+12,9% di decessi), con regioni come Puglia (+18,5%) e Molise (+14,6%) ben al disopra della media nazionale (+9,8%). Al Nord solo la Provincia autonoma di Bolzano e il Friuli-Venezia Giulia presentano un eccesso superiore al 13%.
I decessi riportati alla sorveglianza integrata ritenuti correlati al COVID-19 nel 2021 sono stati 59.136 e rappresentano l’8,3% dei decessi totali per il complesso delle cause, proporzione in calo rispetto all’anno precedente quando se ne contarono oltre 77 mila, il 10,3% del totale. Il Nord resta sempre la ripartizione con una proporzione maggiore di decessi COVID-19 su decessi totali, con un valore medio della ripartizione per il 2021 del 9%. Il Friuli-Venezia Giulia (14,2%), l’Emilia-Romagna (11,3%) e la Provincia autonoma di Bolzano (10,6%) sono le uniche regioni d’Italia dove si registra più di un decesso COVID-19 su 10