La questione dei lavoratori frontalieri in Croazia.
Il Consiglio sindacale interregionale Italo-Croato Alto Adriatico, l’associazione che riunisce i livelli regionali di CGIL, CISL e UIL del Friuli Venezia Giulia e del Veneto e gli uffici della Confederazione sindacale SSSH delle contee istriana e litoraneo-montana, finalizzata alla cooperazione sindacale e alla tutela dei lavoratori frontalieri che si muovono tra Italia e Croazia) ha espresso preoccupazione per il contenuto dell’ordinanza del Ministero della Salute del 12 agosto, che dimentica di distinguere la condizione dei lavoratori frontalieri impiegati nel territorio italiano e residenti in Croazia, da quella di coloro che rientrano da tale paese dopo aver effettuato una vacanza o una gita fuori porta.
Il fatto di aver genericamente disposto che chiunque rientri in Italia provenendo dalla Croazia debba sottoporsi a un tampone obbligatorio, a prescindere dalla ragione per cui si trovava in tale paese, si trasforma potenzialmente in un problema insormontabile per le migliaia di lavoratori frontalieri che entrano quotidianamente in Italia, giungendovi via terra in macchina o pullman dalle contee croate a ridosso del confine sloveno dove risiedono.
“Al di là della difficoltà di controllare il flusso di traffico alle frontiere terrestri, che stando al testo dell’ordinanza dovrebbe, a rigor di logica, riguardare qualunque veicolo che voglia entrare in Italia, non essendovi tra Italia e Croazia un confine terrestre comune – esordisce il presidente del C.S.IR., Michele Berti -, non si può mettere sullo stesso piano persone che rientrano dalle ferie, magari passate in località croate affollate di turisti nell’occhio del ciclone per rinnovati focolai di Covid-19, da chi invece fa ingresso quotidianamente o settimanalmente nel nostro paese al solo scopo di lavorare, rientrando nella propria località di residenza per trascorrervi le ore serali-notturne. Così come scritta, l’ordinanza rischia seriamente di pregiudicare il diritto alla mobilità dei lavoratori frontalieri, pregiudicando il loro diritto di giungere sul posto di lavoro e creando un serio problema anche ai loro datori di lavoro”.
Inoltre, resta da capire come si possa applicare il contenuto dell’ordinanza ai lavoratori frontalieri. Non è chiaro se questi dovrebbero sottoporsi al tampone ogni giorno od ogni settimana, quando rientrano in Croazia, prima di ritornare sul posto di lavoro in Italia. Non si sa, inoltre, se nel caso decidessero di fare il tampone in Italia entro le 48 ore dall’ingresso, potrebbero poi tornare in Croazia alla conclusione della giornata lavorativa, o sarebbero vincolati a restare in Italia, fino a quando l’esito del tampone fosse reso noto. Infine non esistono indicazioni su dove dovrebbero trascorrere il tempo dell’autoisolamento fiduciario, in attesa dei risultati del tampone, posto che la maggior parte di loro in Italia non ha un domicilio, né una residenza o, nel caso del lavoro domestico, tale abitazione è spesso quella del datore di lavoro assistito.
Sono tutti dubbi al momento senza risposta, che dimostrano come la specifica condizione dei lavoratori frontalieri impiegati in Italia e residenti all’estero non sia stata tenuta nella debita considerazione dalle istituzioni italiane. Tanto più che la scorsa primavera, durante la cosiddetta “Fase 1”, quella più critica dal punto di vista dell’emergenza sanitaria, il regime adottato dal nostro paese per i lavoratori frontalieri era stato paradossalmente più leggero e rispettoso del loro diritto alla libera circolazione. Il C.S.IR. chiede dunque che il contenuto dell’ordinanza del Ministero della Salute venga urgentemente emendato, istituendo misure di controllo sanitario compatibili l’elevata mobilità dei lavoratori frontalieri, non escludendo di valutare per questi ultimi l’esenzione dalla loro applicazione. Nondimeno, ritiene che l’ipotizzata chiusura dei valichi secondari tra Italia e Slovenia sia una misura da non adottare, in quanto inutile e dannosa per la mobilità di tali lavoratori.