Martina Oppelli, affetta da sclerosi multipla progressiva, ha visto nuovamente respinta la sua richiesta di assistenza per il suicidio assistito da parte dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina.
Martina, totalmente dipendente da macchinari, farmaci e assistenza continua per le sue funzioni vitali, ha espresso la sua indignazione per questa decisione: “L’ASUGI, nella relazione medica contenente il diniego in merito alla mia richiesta di aiuto alla morte volontaria, tra l’altro pervenuta il 13 agosto, quando io cerco di sopperire al caldo asfissiante, nega l’evidenza: che io sia in una situazione di totale dipendenza vitale da persone, farmaci e macchinari. Rimango perplessa per come viene descritta la mia condizione fisica e clinica nota da anni agli stessi medici. Basita, poiché la sclerosi multipla mi ha privata di qualsiasi movimento lasciando intatta solo la capacità di pensare, parlare e di autodeterminarmi. Secondo i medici dovrei assumere ulteriori farmaci che potrebbero, o forse no, attenuare il dolore ma privandomi della lucidità e, dunque, della capacità di decidere. E di lavorare anche, per conservare una parvenza di esistenza “normale”. Dovrei sottopormi ad ulteriori esami diagnostici ed, eventualmente, permettere che il mio corpo sia violato da tubi, sonde o quant’altro. Non posso, non voglio, subire una tortura di Stato. Ho sempre pensato che tutte le battaglie fossero inutili: infatti, non siamo in guerra. Questo è un doveroso percorso giudiziario nel pieno della legalità per far valere il diritto di accesso al suicidio medicalmente assistito”.
La vicenda di Martina Oppelli.
La vicenda di Martina Oppelli è iniziata diversi mesi fa, quando, a causa del progressivo peggioramento delle sue condizioni dovuto alla sclerosi multipla, ha chiesto l’assistenza al suicidio medicalmente assistito, legale in Italia alla presenza di quattro requisiti (la persona deve essere capace di autodeterminarsi, essere affetta da patologia irreversibile, che tale patologia sia fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili e che sia dipendente da trattamenti di sostegno vitale)
L’azienda sanitaria aveva già negato a Martina Oppelli l’accesso alla morte assistita in quanto, secondo la prima relazione di qualche mese fa, la terapia antalgica, anticoagulante, antitrombotica, l’assistenza continuativa di terze persone per svolgere qualsiasi tipo di attività inclusa l’alimentazione e l’idratazione e il ricorso a farmaci broncodilatatori non costituivano trattamenti di sostegno vitale.
Visto l’evidente e inevitabile peggioramento delle condizioni di Martina Oppelli, affetta da sclerosi multipla progressiva e dunque da malattia degenerativa, il Tribunale di Trieste aveva ordinato all’ASUGI di rivalutare entro trenta giorni le condizioni di Oppelli, che nel frattempo era diventata dipendente dalla cosiddetta macchina della tosse, ovvero un dispositivo che elimina le secrezioni bronchiali che altrimenti le causerebbero strozzamento e soffocamento. Tuttavia, a seguito dell’ ordine del tribunale, l’ASUGI ha confermato il suo rifiuto.
La risposta dell’Asugi.
La Commissione Tecnica multidisciplinare per l’accertamento dei requisiti individuata da ASUGI (con giudizio condiviso anche dal Nucleo Etico per la Pratica Clinica, cui in caso è stato sottoposto) ha confermato gli esiti della precedente valutazione ritenendo che, anche alla data attuale e nonostante il peggioramento lamentato dalla paziente, la stessa non possa ritenersi mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
La commissione ha provveduto all’analisi del caso e ad operare le proprie valutazioni sulla scorta di un rigoroso approccio metodologico che ha assunto quale base di partenza le indicazioni offerte dalla Corte Costituzionale (con i noti pronunciamenti n. 207/2018, 242/2019 e 135/2024) e dai precedenti giurisdizionali che in questi anni hanno contribuito a tracciare i confini di un accertamento (quello del mantenimenti in vita da trattamenti di sostegno vitale) che ancora oggi, nonostante la crescente domanda, non ha un riferimento normativo.
La valutazione operata dalla Commissione riflette, in particolare, la posizione assunta della Corte Costituzionale nella recente ordinanza n. 135/2024 (preceduta da un parere del Comitato Nazionale di Bioetica approvato a maggioranza) che ha chiarito che la dipendenza dall’assistenza di terzi integra il requisito necessario all’accesso al suicidio assistito solo ove comporti l’esecuzione di trattamenti di tipo sanitari (senza i quali la porte del paziente interverrebbe anche in tempi relativamente brevi) in mancanza dei quali il requisito non è integrato e la dipendenza dell’assistenza di terzi non assume rilevanza decisiva.