Il Tribunale di Trieste ha rigettato ieri la richiesta di Martina Oppelli, triestina malata di sclerosi multipla da oltre 20 anni, di ordinare all’azienda sanitaria Asugi di applicare una sentenza costituzionale, riconoscendo il suo diritto di accedere al suicidio assistito.
Lo rende noto l’Associazione Luca Coscioni che segue il caso, precisando che la decisione del Tribunale è stata presa sulla scorta di una valutazione effettuata da medici specializzati. Dunque, “secondo i medici e il Tribunale, Martina non dipende da trattamenti di sostegno vitale quindi non ha diritto ad accedere al ‘suicidio assistito’ in Italia”.
Infatti, a seguito della sentenza 135 della Corte costituzionale dello scorso luglio, che ha stabilito che il concetto di trattamento di sostegno vitale deve comprendere anche l’assistenza di caregiver e non sia dunque limitato a supporti meccanici o farmacologici, il Tribunale di Trieste aveva ordinato all’ASUGI, entro 30 giorni, di procedere a una nuova valutazione delle condizioni di Martina.
“Nonostante le chiare evidenze del peggioramento della sua salute, l’azienda sanitaria ha prodotto una relazione che, pur prendendo atto del peggioramento e pur riconoscendo la necessità di trattamenti vitali come l’uso della macchina della tosse, l’assistenza per le funzioni biologiche quotidiane e l’assunzione di una corposa terapia farmacologica, ha concluso che questi non costituiscono un “trattamento di sostegno vitale” e che dunque Martina non ha diritto di accedere alla morte volontaria, con una interpretazione dunque non conforme al dettato costituzionale” spiega l’associazione.
Martina Oppelli, tramite i suoi legali coordinati dall’avvocata Filomena Gallo, Segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha impugnato il nuovo diniego, chiedendo al giudice di Trieste di ordinare all’ASUGI di conformarsi alla sentenza costituzionale, riconoscendo il suo diritto di accedere alla morte assistita. Il Tribunale, ha però rigettato le richieste, prendendo atto di una valutazione effettuata da medici specializzati.
Le parole di Martina Oppelli che chiede la morte assistita.
“Non sono una giurista ma trovo offensiva sia nei miei confronti che in quegli degli Enti pubblici che mi erogano i sussidi necessari e indispensabili per coprire le spese assistenziali, la parte in cui (ndr: nella decisione di Trieste) si asserisce che l’assistenza è finalizzata alla mera cura della persona“.
“Avendo una invalidità certificata del 100% con gravità riconosciuta ai sensi della legge 104, mi chiedo dunque se le commissioni esaminatrici non si siano sbagliate – continua Martina -. Come faccio io, totalmente immobile, a mangiare, a bere, ad assumere farmaci nelle 24 ore, poiché necessito di antiepilettici anche la notte? Chi mi schiaccia la pancia fino a frullarla per riuscire ad espletare i bisogni fisiologici? Chi mi lava? Chi mi cambia i presidi per l’incontinenza? Chi si spezza la schiena per riuscire a piegarmi anche solo una gamba o per mettermi a letto o a sistemarmi sulla carrozzina? Chi mi accende il computer per poter accendere i comandi vocali indispensabili per lavorare? Evidentemente io sono qui “a pettinare le bambole”, citando Bersani”.
Le parole dell’avvocata di Martina.
“Questo rigetto – spiega l’avvocata Filomena Gallo – evidenzia che sia i medici del Servizio sanitario nazionale – ASUGI – sia la Giudice di Trieste non ritengono la decisione della Corte costituzionale vincolante”.
“Il difensore di ASUGI, in udienza lo scorso gennaio, ha evidenziato che la sentenza 135/2024 della Consulta, essendo di rigetto, non è vincolante per i medici che hanno eseguito le nuove verifiche della condizione di Martina. È per questo che martedì scorso, durante l’udienza in Corte costituzionale sul caso di Elena e Romano, abbiamo chiesto alla Corte anche di ribadire l’interpretazione del concetto di trattamento di sostegno vitale ai fini dell’accesso al suicidio assistito con una sentenza di accoglimento, che possa vincolare aziende sanitarie e tribunali al suo rispetto e in questo caso al rispetto della scelta di Martina Oppelli.
Sono trascorsi quasi 2 anni dalla richiesta di Martina, tra peggioramenti dello stato di salute e sofferenze, oggi è esausta, vorrebbe procedere con il suicidio assistito in Italia”.